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L'INTERVISTA
26 Giugno 2024 - 17:53
Federico Riboldi, classe 1986 - il “nuovissimo” come lo chiama Alberto Cirio presentandolo - è il nuovo assessore alla Sanità della Regione Piemonte.
Ex sindaco di Casale Monferrato, oggi Riboldi è chiamato a mettere mano alla annosa questione delle liste d’attesa, ospedali di comunità e medici a gettone. «Aver fatto il sindaco per me è una patente di equilibrio» ha spiega Cirio. E anche sul tema del diritto all’aborto Riboldi ha le idee chiare. «Se non ci fosse libertà di scelta io oggi non sarei qui».
Cosa intende assessore?
«Io sono stato adottato. E sono grato a chi ha indicato alla mia madre naturale la possibilità dell’adozione, come alternativa all’aborto. È un tema forte che conosco, personalmente, molto bene. Credo che una pluralità di opinioni all’interno dei consultori sia la giusta applicazione della Legge 194. Ma la premessa deve essere chiara: il rispetto della volontà e dei diritti delle donne».
Le spetta un compito impegnativo come nuovo assessore alla Sanità. Nervoso?
«No, la politica o è responsabilità o è vana gloria. Per questo, quando mi è stato proposto di ricoprire il ruolo di assessore alla Sanità ho detto immediatamente sì. È la delega che maggiormente si occupa della vita quotidiana dei nostri cittadini. E chi accetta di essere candidato al consiglio regionale non può immaginare di non avere a che fare con la sanità. Pensare di affrontare la materia da un vertice apicale è un grande onore e questa fiducia va ripagata con il lavoro».
Quali sono le sue priorità di mandato?
«Sicuramente l’abbattimento delle liste d’attesa. Poi una ricognizione dei fondi Pnrr e dei cantieri in partenza sull’edilizia sanitaria. Abbiamo imparato con il Covid, quanto sia fondamentale la medicina del territorio. Non una medicina di serie B. Anzi, consente a tutto il sistema di poter funzionare. Penso poi ad alcuni progetti innovatici in cui vorrei coinvolgere fondazioni di origine bancaria e benefattori soprattutto in quei settori dove la sanità non è riuscita ad andare in profondità».
A cosa si riferisce?
«Odontoiatria e oculistica. Ancora vaste fasce della popolazione si trovano esclusi».
Pronto Soccorso privato, sì o no?
«Il primo Pronto Soccorso privato in Piemonte risale alla giunta di Sergio Chiamparino. Mi trovo in difficoltà nell’affermare continuità con il centrosinistra. Tuttavia, l’interazione tra pubblico e privato che mira a snellire la burocrazia e migliorare i servizi, mi trova d’accordo. Valuteremo caso per caso».
Qual è la sua posizione sull’utilizzo dei medici “a gettone”?
«È complicato. Non si può pensare a uno stop immediato per non chiudere reparti. Ma è chiaro che sia una pratica uscita dai binari per cui era stata concepita. Un ospedale che si regge solo sui gettonisti non è economico e non ha continuità».
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