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Gli eventi

Vent'anni e migliaia di ragazzi formati: Piazza dei Mestieri festeggia e lancia un appello

Il fondatore e presidente, Dario Odifreddi: «Siamo davanti a una grande sfida educativa: mettiamo tutti le mani in pasta»

«Sarà una grande festa per celebrare i nostri vent'anni di storia. Ma sarà soprattutto un momento di confronto e dialogo: vogliamo capire quali saranno le grandi sfide educative del futuro, in Italia e Torino. Per vincerle, non bastano le leggi: ci vogliono persone che mettano le mani in pasta».

Dario Odifreddi, presidente e fondatore della Piazza dei Mestieri, presenta così la settimana di eventi che celebrerà il ventennale della fondazione nata nel 2004. Oggi occupa 7mila metri quadri nel quartiere San Donato, ha aperto anche a Milano e Catania e offre corsi formativi a migliaia di ragazzi (11mila soltanto nel 2023, di cui 6mila a Torino).

«Da lunedì 23 a venerdì 29 avremo incontri con imprenditori e istituzioni, spettacoli e dialoghi con i ragazzi (qui il programma completo del ventennale, ndr) - introduce Odifreddi - Penso all'appuntamento finale con il vescovo Roberto Repole, che risponderà alle domande dei giovani, o a quello con Daniel Zaccaro e due ex allievi: vogliamo creare un'occasione di confronto con persone che sono entrate nel mondo del lavoro dopo esperienze difficili. Il nostro messaggio è che si riparte sempre se qualcuno ti aiuta: vogliamo sostenere la speranza dei giovani».

I festeggiamenti saranno l'occasione per presentare la Piazza dei Mestieri a chi ancora non la conosce: «Per esempio, pochi sanno che diamo lavoro a un centinaio di persone solo a Torino, docenti e tutor esclusi. O che accompagniamo migliaia di giovani nei progetti speciali: oltre alla formazione attraverso la qualifica e il diploma, proponiamo attività educative per lo sviluppo delle competenze e dei talenti dei ragazzi». Entra nel merito Adriana Colia, referente di questi progetti speciali: «Sono pensati per il contrasto al bullismo, la povertà educativa e l'abbandono scolastico: laboratori specifici qui e l'alternanza scuola-formazione ci permettono di essere un "hub per la città". Poi c'è anche per la Casa dei compiti, che coinvolge cento scuole a Torino: aiutiamo quasi 450 ragazzi, tra cui molti stranieri. Evidentemente c'è un bisogno, tanto che abbiamo lanciato percorsi di alfabetizzazione per chi è arrivato da poco».

Presto arriverà un aiuto anche dagli ex allievi: «Si sono fatti avanti loro per mettersi insieme e creare un'associazione - riprende Odifreddi - quando si sono scritti e hanno organizzato un incontro, si sono presentati in 250. Ci è sembrato simbolico e ora ci daranno una mano».

Il presidente guarda anche avanti: «In questi giorni parleremo molto di quali sfide ci aspettano. Abbiamo vent'anni e sentiamo l'esigenza continua di trovare modi di porci con i ragazzi: oggi le loro esigenze sono diverse da quelle del 2004». Su cosa si dovrebbe puntare? «Si parla tanto di Neet e dispersione, con numeri gravi e drammatici. Ma è peggio chi continua a studiare ma è non è motivato: il livello di insoddisfazione è altissimo nelle scuole, per questo noi diciamo che la sfida educativa é riaccendere la speranza. Il cambiamento non avviene per legge ma perché qualcuno si attiva e poi questo tipo di impegno viene adottato come “sistema”. Penso proprio alla valorizzazione dei talenti e delle "soft skills", cioè le capacità di relazione: noi ci lavoriamo da sette anni, le valutiamo nelle classi e facciamo restituzioni perché siamo convinti che sia un lavoro impegnativo, da fare seriamente».

Si parla tanto anche dalla mancanza degli insegnanti e delle loro scarse retribuzioni: «Serve una condivisione del progetto, sia da parte degli educatori che da parte della società - riflette ancora Odifreddi - Piazza dei Mestieri esiste così com’è, cioè mettendo insieme educazione e lavoro, perché abbiamo trovato partner privati che ci hanno affiancato. Questa sfida educativa e un ripensamento del welfare si ottengono solo se istituzioni, agenzie educative e imprese entrano in gioco: altrimenti un rinnovamento vero è impossibile. Perché le imprese hanno un problema di risorse economiche ma anche di competenze».




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