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LA MANIFESTAZIONE

Dodicimila in piazza a difesa della sanità pubblica

Alla Marcia per la Salute hanno partecipato medici, infermieri, operatori sociali ma anche molti pazienti

Sono scesi in piazza, almeno, in 12mila per rivendicare il diritto alla salute pubblica. Medici, infermieri, operatori sociosanitari e pazienti. Una mobilitazione trasversale, «al di là delle ideologie politiche» come rivendicano gli organizzatori del Comitato per il diritto alla tutela della salute e alle cure, come non si era mai vista a Torino e in Piemonte. Una marcia che ha raccolto un numero impressionante di persone a difesa della sanità pubblica. Un corteo che, specie per la Regione, «segna l’apertura della campagna elettorale» per le elezioni del prossimo anno in Piemonte. La manifestazione promossa, ieri pomeriggio a Torino, da una sessantina di sigle sindacali e associazioni, non a caso, si è conclusa infatti sotto il grattacielo del governatore Cirio.

Politica in piazza
Non stupisce, dunque, che in piazza sia scesa anche Chiara Appendino, oggi parlamentare del Movimento 5 Stelle, a pochi passi dalla vicepresidente del Pd, Chiara Gribaudo e da Anna Rossomando e Andrea Giorgis, anche loro del Pd. A guidare la sfilata, in effetti, c’è Giorgio Airaudo, segretario della Cgil del Piemonte. «Avevano detto che saremmo stati in “quattro gatti” e sarebbe stata una manifestazione politica ma non riusciranno a isolarci nell’angolo delle polemiche» ha sottolineato Airaudo, con alle spalle il grattacielo della Regione Piemonte. «Un palazzo nuovo, aspettato trent’anni, mentre in città manca un ospedale nuovo da mezzo secolo. Oggi non finisce un corteo ma inizia una mobilitazione: la nostra non sarà una marcia breve, non ci fermeremo». E in mezzo al corteo si fa spazio anche la consigliera del Movimento 5 Stelle a Palazzo Lascaris, Sarah Disabato. «Siamo qui - spiega - perché il diritto alla sanità è messo a rischio da politiche scellerate di destra che stanno portando a privatizzare. Non abbiamo imparato le lezioni del Covid, con lunghe liste d’attesa e persone che spesso sono in difficoltà e non possono rivolgersi al privato». Così da rivendicare i meriti del “leader” Giuseppe Conte. «Siamo il governo che ha gestito la pandemia e che ha portato la spesa sulla sanità a crescere oltre il 7%. Questo Governo, invece, ci riporta con i tagli al 6% e non spende neanche i soldi del Pnrr, che per la sanità sono 15 miliardi». Poi tocca al Pd, con Chiara Gribaudo: «Sono qui per difendere la sanità pubblica, i tagli continui sono disastrosi. Questa Regione sembra non sia attenta ai bisogni dei cittadini: questa manifestazione è anche un giudizio sul lavoro della giunta di Alberto Cirio».

La voce dei sindacati
«Vogliamo mandare due messaggi - aggiunge il segretario di Anaao Assomed Piemonte, Chiara Rivetti -. Il primo è che noi medici interveniamo su tutti i cittadini senza chiedere nome, cognome, conto bancario o provenienza geografica. Il secondo è che la sanità pubblica è agonizzante, ma si può rianimare come si rianima un paziente infartuato sul quale si lavora senza mollare mai un attimo». In piazza anche molti malati, quelli che hanno partecipato nonostante le difficoltà, a quella che gli organizzatori rivendicano come «la più grande manifestazione mai organizzata a Torino». Trasversale, come è «il diritto alla salute» per il presidente dell’Ordine dei Medici, Guido Giustetto. «Siamo qui per tutti».

«Se non avessi avuto un amico in sanità, non mi sarei mai potuta curare». Marzia ha appena 43 anni e lo dice chiaro e tondo come funziona la “sanità pubblica” in Italia. «Sono una di quelle dieci persone su cento che in Piemonte non potrebbero curarsi se non avessero una polizza sanitaria per pagare le spese di visite e esami». Basta il suo sfogo per scatenare, attorno a lei, un vero e proprio coro di istanze che per tutti sono le stesse. Non fosse che l’età sia ben diversa, così come le patologie. Malati oncologici che hanno rinunciato allo “screening” e ai controlli, fino a chi ha lasciato perdere anche di fronte a un dolore o un aggravamento del proprio quadro clinico. Antonio ha 83 anni ed è seduto sul marciapiede davanti al grattacielo della Regione insieme con la moglie Angela, come fossero due adolescenti alla prima manifestazione scolastica. Fanno tenerezza perché, anziché protestare per il nuovo esame di maturità o per altre legittime istanze, rivendicano un diritto per cui si battono da quando erano ragazzi. «Noi abbiamo conosciuto la sanità pubblica quando è nata, una quarantina di anni fa almeno, ci mancherebbe altro di non essere qui a difenderla».

L’elenco degli esami e delle visite per cui sono costretti a rivolgersi al privato sembra infinito. «Il loro non è l’unico caso - conferma Margherita, 43 anni, medico alle Molinette -. Sono tante le persone che anche noi abbiamo in cura che preferirebbero rivolgersi al privato se potessero permetterselo». Ed è da qui che scatta la catena del paradosso, per cui chi ha meno occasione di curarsi, senza assicurazioni o redditi che permettano di rivolgersi ai privati, piuttosto rinuncia. «La cosa che fa male è questa» rivela Claudia, 38 anni, che fino allo scorso anno non sapeva di dover accompagnare la propria madre in quel “calvario” che è una diagnosi di cancro. «Quando lo ha scoperto, chiaramente, pensava di essere già morta ma ho provato in tutti i modi a spiegarle che ci sarebbero state le opportunità di salvarsi». Peccato che la mamma ci vedesse più lungo della figlia. «Fatte le prime visite e i primi esami alle Molinette e a Candiolo, abbiamo capito che, per quanta fosse l’eccellenza, avendone le possibilità, avremmo dovuto rivolgerci al privato» sottolinea Mariangela, la madre. «Così io ho iniziato un ciclo di terapia a Torino, privatamente, per poi trasferirmi a Parigi per completare le radioterapie e mi sono salvata. Per questo siamo qui insieme, perché è giusto e vogliamo manifestare insieme con chi non ha avuto la nostra stessa fortuna».

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