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Notte di fuoco a Torino: anche MacBun nel mirino dei piromani

In fiamme tre aziende agricole e l'ex campo rom di Collegno: rabbia e lacrime fra i contadini

Solo il 2 agosto il Comune di Collegno esultava per lo sgombero del campo nomadi al confine con Torino, fra strada della Berlia e corso Sacco e Vanzetti. Oggi, dopo poco più di due settimane, le fiamme hanno divorato quello che rimaneva fra baracche e roulotte: solo uno dei quattro incendi della notte fra sabato e domenica, una sequenza che spaventa e che fa di nuovo partire l’allarme piromani nel Torinese.

Le prime fiamme

Il primo rogo è divampato alle 23.15 di sabato a Settimo, in strada Cebrosa 102: una scintilla e sono andate a fuoco un centinaio di rotoballe. Altre 400 sono bruciate in via Artigianelli 71 a Rivoli, a partire dalle 3.50 di ieri. In mezzo, all’1.50, un terzo incendio ha devastato l’ex campo rom di Collegno: «Per fortuna il 2 agosto lo avevamo chiuso e ci sono stati solo danni alle strutture» tira un sospiro di sollievo Maria Grazia de Nicola, assessore alle politiche sociali che ha seguito per anni le vicende del campo.
Ai tre incendi della notte si è poi aggiunto quello delle 8.30 di ieri, dove altre decine di rotoballe sono bruciate in via Belvedere a Crotte di Strambino.

Al momento la matrice dolosa è solo una delle ipotesi al vaglio di vigili del fuoco e carabinieri. 

Troppi precedenti

Sono le stesse vittime dei roghi a vederci dietro la mano di qualcuno. Basta fare un giro in via Artigianelli 71 a Rivoli. Qui vivono e lavorano gli Scaglia, azienda agricola che tanti a Torino associano a un altro nome: Mac Bun, i ristoranti di carne piemontese di cui gli Scaglia sono titolari e che riforniscono con i loro allevamenti. Nelle stalle di Rivoli, a due passi dalla tangenziale e dalla Torino-Bardonecchia, ci sono circa 400 mucche di razza piemontese. E, fino alla scorsa notte, c’erano anche centinaia di rotoballe di paglia: «Ne hanno bruciate tra le 300 e le 400 - si sfoga Graziano Scaglia, uno dei tre fratelli che gestiscono l’azienda agricola - Per fortuna l’incendio ha riguardato solo uno dei due cumuli: li avevamo separati e messi all’aperto proprio per tutelarci dalle fiamme». Anche perché c’erano già stati dei roghi in passato, a febbraio 2022 e lo scorso maggio. Tutti dolosi, almeno secondo chi li ha subiti: «Adesso siamo a tre in un anno e mezzo» calcola l’allevatore. Aggiunge sua madre, Bruna: «In 60 anni che sono qui non era mai successo prima. Adesso è un continuo, non so cosa farei a quella gente se riuscissi a prenderli». La signora ripensa alla notte scorsa con le lacrime agli occhi: «Ho visto mio nipote scendere di corsa per salvare le rotoballe - ripercorre, stringendo i pugni - Ne ha spostate un paio, poi si è seduto sopra ed è scoppiato a piangere mentre le altre bruciavano».

Di fronte a questi episodi, i vigili del fuoco non escludono mai autocombustioni o incidenti: «Qui sono piromani per forza, la paglia non s’incendia da sola. Quindi ora ci troviamo il pagliaio bruciato e non sappiamo a chi dire grazie. Noi e tutte le aziende vicine che hanno avuto lo stesso problema: una magra consolazione». Ora gli Scaglia dovranno comprare la paglia per sostituire quella persa fra le fiamme: in attesa di un risarcimento dall’assicurazione, è un danno importante che si aggiunge alla beffa del terzo incendio in 18 mesi. Ma chi può aver dato fuoco alle loro rotoballe? Qualcuno può avercela con l’azienda agricola o con MacBun? «Non sappiamo cosa dire, di certo si sono fatti un bel pezzo di strada fra i campi per dare fuoco. Volevamo mettere delle telecamere ma non abbiamo fatto in tempo». Ci sarebbe quella sulla strada: «Non è ancora attiva - allarga le braccia l’allevatore - Ma tanto basta indossare un cappuccio per non farsi riconoscere. L’unica sarebbe mettere una guardia». 

L'allevatore non dimentica i tanti precedenti: nei mesi scorsi sono bruciati fienili, campi, orti e fabbriche a Riva, Poirino, Villastellone, Caselle, Rivoli e Collegno, con l’ultimo caso a Nichelino fra il 1° e il 2 luglio. Praticamente sempre nella notte fra sabato e domenica. Un caso? Forse: «E’ come se volessero fare danni ma non troppi» riflette ancora Scaglia, cui hanno bruciato solo uno dei due pagliai. E che deve ringraziare l’intervento dei vigili del fuoco, che proprio nel fine settimana sono più numerosi grazie alla maggiore disponibilità dei volontari.

Il caso del campo

Ma l’ultima notte di fuoco ha delle differenze rispetto alle precedenti. A partire dalla distanza fra i quattro incendi, sparpagliati un po’ in tutta la provincia: negli altri casi, le “vittime” si trovavano a pochi metri di distanza fra loro. E stavolta non sono bruciate solo aziende ma anche il campo rom di Collegno: «Non posso dire se qualcuno abbia dato fuoco o meno al campo» precisa l’assessore.
Di certo lo sgombero di due settimane fa aveva messo fine a una vicenda durata più di 25 anni: il campo era nato nel 1997 con il contributo economico delle famiglie nomadi e, negli anni, è arrivato a ospitare 450 persone. Si erano ridotte a un terzo nel 2019, quando un incendio di auto e rifiuti aveva coinvolto il cavalcavia e costretto a chiudere corso Sacco e Vanzetti.

Dopo disagi e polemiche, negli ultimi mesi i residenti erano scesi a 62, tutti trasferiti in case popolari e housing sociali fra luglio e agosto (anche grazie a 750 mila euro di contributi tra Pnrr e Ministero delle Infrastrutture). Una soluzione che qualcuno potrebbe non aver gradito: «L’uscita dal campo non è stato un sgombero ma un accompagnamento condiviso - assicura De Nicola - Poi siamo partiti con le demolizioni e abbiamo chiuso tutto. Ora è successo questo ma speriamo che sia l'occasione per ripartire».

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