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Profondo giallo

Pronti a uccidere per avere i soldi e l'eredità di famiglia

Volevano case, terreni e denaro, per questo hanno sterminato le famiglie - Gli ultimi due casi di cronaca

Solfi e sangue

Gli ultimi due delitti per "eredità"

Si uccide per i soldi, si ammazza per l’eredità. Succede anche questo nel nostro Paese ed i due casi più recenti avvenuti in Italia.

I PROTAGONISTI DELLA MATTANZA DI CHIAMPO

Quasi 2 milioni
Si è preso l’ergastolo il 25enne Diego Gugole, reo confesso, che nel marzo dello scorso anno aveva ucciso a colpi di pistola, nella loro abitazione di Chiampo (Vicenza), i genitori Sergio e Lorena Zanin per mettere le mani sull’eredità di famiglia. Per i consulenti, Gugole non avrebbe alcuna patologia psichiatrica e secondo le ricostruzioni dell’accusa, il giovane aveva premeditato il tutto un mese prima, procurandosi la pistola usata poi per uccidere i genitori. Arma che aveva provato  il giorno prima del du plice omicidio in un bosco e nei motori di ricerca aveva cercato informazioni su come usare la pistola e come uccidere.

DIEGO GUGOLE, 25 ANNI

La confessione
Il 25enne, difeso dall’avvocato Rachele Nicolin, aveva confessato il duplice delitto ribadendo di averli uccisi per «impossessarmi dell’intero patrimonio». Ingente, stando agli accertamenti dei carabinieri: 1,8 milioni di liquidità bancaria, fra conti e polizze, e due appartamenti. Il primo a essere ammazzato a colpi di pistola era stato il padre, 62enne, raggiunto da due proiettili mentre stava leggendo alcune carte sul tavolo della cucina, in tarda mattinata. La madre, 59 anni, invece, era stata colpita da quattro colpi appena rientrata in casa, in via Villaggio Marmi a Chiampo, qualche ora dopo. Il figlio l’avrebbe freddata sull’uscio. Secondo i consulenti della difesa, lo psichiatra Tommaso Maniscalco e la psicologa Sarah Bissoli, è escluso abbia alcuna malattia psichiatriche. Dai test effettuati è però emerso che l’imputato avrebbe dei limiti. Da una parte la scarsa capacità del problem solving nella vita quotidiana, non sarebbe quindi in grado di risolvere problemi quotidiani con facilità. Dall’altra parte una limitata capacità di pianificazione, che lo renderebbe incapace di elaborare un progetto tenendo conto dei possibili imprevisti.

Colpi di fucile
Aveva confessato, invece, di aver ucciso il fratello e la cognata, Cosimo Calò, l’83enne arrestato con l’accusa di duplice omicidio aggravato dalla premeditazione e dal rapporto di parentela. La sera del 28 febbraio 2022 aveva imbracciato un fucile per poi recarsi a Serranova, frazione del comune di Carovigno, a casa del fratello, Antonio Calò, 70 anni, e della moglie di quest’ultimo, Caterina Martucci, 64 anni, ed esplodere contro i due dei colpi mortali. Ha raccontato dinanzi all’avvocato difensore Carmela Roma, nella caserma dei carabinieri di San Vito dei Normanni, di averli uccisi per dei dissapori legati a motivi economici che nel tempo si erano radicalizzati, così come il rancore che provava nei confronti dei due. «Alla fine è crollato e tra le lacrime ha ammesso l’omicidio - hanno spiegato i carabinieri -, ha dichiarato di essere l’unico responsabile di questo duplice omicidio, ora ci saranno accertamenti sull’arma del delitto».
Il movente del duplice omicidio sarebbe legato a un’eredità, costituita da una casa colonica e da terreni, probabilmente del valore di 100mila euro. Nel corso delle perquisizioni, i carabinieri hanno sequestrato un fucile da caccia, trovato in un capanno attiguo all’abitazione dell’83enne.

ANTONIO CALO' E CATERINA MARTUCCI

Fratelli coltelli
L’arma, stando alle dichiarazioni di Cosimo Calò, sarebbe stata acquistata qualche giorno prima per cento euro. «L’indagine è stata sviluppata con gli interrogatori di familiari e conoscenti delle vittime - ha spiegato il procuratore capo di Brindisi, Antonio De Donno -, l’acquisizione di immagini delle telecamere della zona e intercettazioni telefoniche e ambientali, nonché attraverso la ricostruzione degli spostamenti di alcune persone ritenute di interesse». A scoprire i cadaveri è stato l’altro fratello di vittima e assassino, Carmelo, che ha raccontato ai carabinieri di aver raggiunto il casolare in cui viveva Antonio perché i due avevano un appuntamento. Secondo quanto ricostruito dalle indagini effettuate dai carabinieri di Brindisi, i rapporti tra Cosimo e Antonio Calò si erano incrinati negli ultimi anni, in particolare dopo la morte di un altro fratello, Angelo, che aveva lasciato in eredità ad Antonio numerosi beni immobili, tra cui ci sarebbe anche un terreno attiguo al casolare, dove si è poi consumato il duplice omicidio.

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