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L'INTERVISTA

Oliva contro il generale Vannacci: «Non leggerò il suo libro»

Lo storico Gianni Oliva: «Quello che scrive è contro la Costituzione»

Gianni Oliva

Gianni Oliva

«Il libro del generale Vannacci? Non l’ho letto e non lo leggerò, non mi pare che aggiunga nulla». Gianni Oliva, storico, politico e giornalista, però un’idea su “Il mondo al contrario” se l’è fatta leggendo gli estratti pubblicati in questi giorni dai giornali italiani. «Purtroppo - esordisce - quello che ha scritto il generale temo che corrisponda a ciò che pensa una parte di italiani che spero essere comunque minoritaria». Italiani che quindi non reputano propri pari omosessuali, extracomunitari e ambientalisti e che non esiterebbero, come fa Vannacci, a paragonare chi adotta un figlio a chi ruba in metropolitana.

«Quello che scrive Vannacci - spiega oliva - è contrario alla Costituzione e, soprattutto se si occupa un ruolo pubblico e importante, non si può assolutamente venire meno al rispetto della Costituzione» e pertanto «bene ha fatto il Governo a destituirlo» in quanto «non si poteva non intervenire a norma di regolamento militare». A Oliva resta però una curiosità: «Mi domando come un generale di tale livello possa aver fatto uno scivolone simile. Forse visto che c’è una maggioranza di centrodestra si pensa che certi discorsi siano ormai sdoganati ma la destra sta scoprendo la differenza che c’è tra fare campagna elettorale e governare, oltretutto in un Paese dove stare all’opposizione vuol dire sparare a zero sulla maggioranza e non fare un progetto diverso».

Le polemiche però hanno fatto bene al libro, che sta letteralmente volando nelle classifiche di vendita. «Vero ma non credo proprio che Vannacci lo abbia fatto per questo. Si incassa molto poco vendendo libri - sorride Oliva, che di libri ne ha pubblicati tanti -, si guadagna sicuramente molto di più facendo il generale. Quello che però Vannacci forse ha scordato, oltretutto in un periodo storico in cui l’esercito ha avuto anche aperture notevoli, è che un generale deve fare il generale e che la libertà di stampa e di espressione deve comunque rientrare nei limiti imposti dal proprio ruolo. Quando poi andrà in pensione, allora potrà fare e scrivere quello che vuole».

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