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Il borghese - La strage di Alessandria
29 Settembre 2023 - 07:12
Benzi il giorno delle nozze
Neppure Cesare Lombroso che dà il nome alla via dove abitava Martino Benzi, avrebbe potuto spiegare il perché della strage. Stanno cercando di farlo i carabinieri e potrebbero essere ad un passo dalla verità. Una follia omicida, spiegano fonti vicine agli inquirenti, cresciuta lentamente negli anni ed esplosa improvvisamente in tutta la sua ferocia. Benzi sapeva, immaginava che tutto ciò sarebbe potuto accadere (lo aveva messo in conto), e lo mascherava bene, cercando di fare i “salti mortali” per tenere sopita la follia ed evitare quella che a lui sembrava essere l’unica soluzione possibile: quella finale, se le sue trame non fossero riuscite.
MARTINO BENZI CON LA MOGLIE E IL FIGLIO
E’ in questa direzione che gli investigatori cercano la verità. E si spingono molto lontano, di decenni. Innanzi tutto vogliono accertare se quella laurea conseguita al Politecnico di Torino esista davvero, oppure faccia parte di quel castello di carta crollato improvvisamente. Dunque si parte da lontano, dal titolo accademico, dai primi impegni professionali di Benzi, fino allo studio di ingegneria dedicato alla progettazione di siti web, ultimo lavoro del killer di Alessandria, ma i buchi neri tra il primo e l’ultimo impiego, sono più d’uno.
LA CASA IN VIA LOMBROSO
Si prendono in esame i conti correnti dell’uomo e della famiglia, la pesante esposizione debitoria, le continue e incalzanti telefonate che Benzi avrebbe ricevuto dai funzionari del recupero crediti delle finanziarie, le proprietà immobiliari ipotecate, le ingiunzioni di pagamento e i pignoramenti. Fin dai primi accertamenti sembra che la condizione economica dell’uomo non fosse tra le più confortanti, ma emerge anche che di questo dramma, Benzi non ne aveva mai parlato con nessuno. Non voleva che la moglie Monica sapesse; non ha detto nulla al fratello; non ha chiesto aiuto a nessuno, i problemi li voleva risolvere lui, da solo.
Un elemento che gli inquirenti ritengono importante, è il rapporto che l’ingegnere aveva con la moglie Monica che, come hanno riferito i testimoni ascoltati dai carabinieri, «amava moltissimo». L’aveva seguita passo, passo durante la malattia (una forma leucemica), fino alla guarigione. Ma Benzi, si legge nel suo blog, temeva che il «mostro tornasse» e per questo motivo avrebbe desiderato che la moglie lasciasse il lavoro. Forse molto del denaro chiesto in prestito, a volte ottenuto, altre volte no, nel castello di carta di Benzi, sarebbe servito per mantenere alto il tenore di vita della famiglia. Ma la carta del castello è andata in fumo e dalle ceneri, temeva l’ingegnere, sarebbero potute emergere ombre oscure sul suo passato, fatti distanti anni, come, si sospetta, a cominciare dalla laurea al Politecnico.
RITRATTO DI CESARE LOMBROSO
Benzi ha ucciso non perché caduto in rovina, o per l’onta e l’umiliazione, ma perché il mondo che si era costruito attorno, era svanito. La verità avrebbe portato la morte nel cuore di Monica, per cui la sua uccisione (secondo la mente malata dell’omicida) sarebbe stata una sorta di liberazione. Benzi ha portato con sè le persone che più amava: la moglie, il figlio e la suocera a cui Monica e Matteo erano molto legati. L’ha fatta finita così, per cancellare un destino «che non perdona nessuno». Benzi non dovrà spiegare nulla, prima di tutto ai suoi congiunti, poi a carabinieri e magistrati. Ha riposto ogni speranza in quella lama affilata che ha saputo usare in una mattina di lucida follia. Un assassino molto diverso da quelli immaginati e studiati da Cesare Lombroso. In questo caso le caratteristiche per riconoscere il killer non sono i lineamenti del volto, le abitudini e i comportamenti, ma i moti dell’anima e le turbe della psiche di un tranquillo signore di mezza età che fuma la pipa sul balcone di casa.
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