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IL CASO
03 Gennaio 2024 - 08:00
Giulia, nome di fantasia, 38 anni, ha un compagno che non vuole avere figli, e così ha deciso di congelare i suoi ovociti in una clinica privata torinese: «per non precludermi la possibilità di diventare mamma tra qualche anno» spiega la ragazza. Una delle tante donne che stanno scegliendo questa pratica per compensare il gap di genere con l’uomo che ha più tempo biologico per procreare.
I numeri di persone che si rivolgono alle cliniche private per il congelamento ovarico sono in aumento, ma negli ospedali pubblici la pratica, per motivi personali, non è prevista. «Il congelamento degli ovuli attualmente è lecito soltanto per pazienti affette da tumore e presto lo sarà anche per chi soffre di endometriosi» spiega il dottor Gianluca Gennarelli, responsabile del centro di medicina della riproduzione umana e assistita dell’ospedale Sant’Anna di Torino, dove le nascite nel 2023 sono calate di ben il 12%.
«CON IL CONGELAMENTO OVARICO POTRANNO NASCERE PIU' BAMBINI»
Ma con la crioconservazione degli ovuli forse in futuro potrebbero aumentare. «Certo è che l’età media delle donne che hanno il primo figlio si è alzata in tutta Italia e data la longevità maggiore degli esseri umani rispetto al passato mi pare atteso che anche la genitorialità si allunghi permettendo alla donna di ricorrere al congelamento ovarico e quindi di contrastare i problemi legati all’infertilità dovuti all’età» spiega Gennarelli.
«In Europa - aggiunge il dottore - questa è una pratica diffusa. Ma non ancora in Italia. E io credo che sia una battaglia giusta per l’autodeterminazione della donna. Bisogna capire quanto questo possa convenire allo Stato che lamenta appunto un calo delle nascite».
Il dottor Gianluca Gennarelli
POSSIBILITA' E RISCHI
La pratica però non è così immediata: «Le donne invece devono sottoporsi a una stimolazione abbastanza invasiva. Inoltre conviene farlo prima dei 35 anni quando la qualità ovocitaria è ancora conservata».
Gli ovuli congelati per ragioni personali, nel caso non fossero mai utilizzati (gravidanze spontanee o diversi progetti di vita), potrebbero anche essere donati. Attualmente «l’ovodonazione per il 98% è fatta possibile con ovociti provenienti da paesi stranieri, la maggior parte arriva dalla Spagna, perché in Italia esiste verosimilmente un problema culturale e inoltre è vietata qualsiasi compensazione economica tra ricevente e donatrice» spiega il responsabile del centro del Sant’Anna.
QUANTO COSTA
E poi ci sono i costi: «Un ciclo di preservazione dei propri ovuli può costare intorno ai 2.500-3mila euro, più 500 euro circa di farmaci. Infine, l’utilizzo degli ovociti criopreservati prevede ovviamente una fecondazione in vitro che, se effettuata privatamente, ha costi intorno ai 5mila euro».
FECONDAZIONI ASSISTITE IN AUMENTO A TORINO
I numeri delle fecondazioni assistite sono in aumento: «C’è stata una forte ripresa dopo il Covid - evidenzia il dottor Gennarelli -, al Sant’Anna effettuiamo circa 800 cicli l’anno, tra cicli a fresco e cicli da decongelamento di ovociti o di embrioni».
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