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13 Gennaio 2024 - 09:19
Missili contro i ribelli
Il fumo non si è ancora dissipato sugli epicentri di un conflitto che sta sconvolgendo l'equilibrio geopolitico del Mar Rosso. Yemen, un paese sospeso tra le pagine di una cronaca internazionale che sembra non trovare mai pace. In questo paese i combattenti Huthi sono lo strumento degli aiathollah iraniani per radicare la loro egemonla sulla regione dello stretto di Hormuz e tenere così sotto scacco l'intero Occidente. Gli Huthi ,foraggiati e armati, hanno condotto una guerra per procura contro i sunniti dell'Arabia Saudita. L'Iran divenuta ormai una media potenza regionale in attesa di avere la bomba atomica, utilizza milizie ,adeguatamente armate ,come gli Ezbollah in Libano, ribelli Sciiti in Siria o Hamas in Palestina per gestire guerre per procura senza intervenire direttamente per non rischiare la reazione di Israele. Nello scacchiere mediorientale l'Iran sta giocando ,anche se per adesso solo per procura, una partita pericolosa e potenzialmente gravida di conseguenze. Molto probabilmente, la fornitura di missili e droni alla Russia, fa sentire il governo iraniano sempre più baldanzoso ed aggressivo ,tanto da non potersi escludere un attacco preventivo all'Iran da parte di Israele che si sente minacciato nella sua stessa esistenza come stato e come popolo. Le conseguenze sarebbero inimmaginabili se il conflitto si allargasse coinvolgendo stati occidentali.
L’ECO DEI BOMBARDAMENTI
L'aria è stata squarciata da bombardamenti aerei effettuati da apparati e mezzi bellici degli Stati Uniti e del Regno Unito su posizioni dei ribelli Huthi nello Yemen. Questi ribelli, sciiti, sono il braccio armato ,nella regione, dell'Iran. E' stata un'azione decisa e concordata, mossa dalla necessità di difendere il traffico marittimo nel Mar Rosso, bersaglio di incessanti attacchi. Questi, infatti, sono dichiarati come un sostegno ai palestinesi nella Striscia di Gaza, sconvolta dalla guerra tra Israele e Hamas. L'interesse degli stati occidentali è quello del ritorno allo status quo ante, per garantire la libera circolazione di uomini e merci nelle rotte del mar Rosso.
UN FRONTE INTERNAZIONALE
L'operazione, condotta in un contesto di elevata tensione regionale, ha visto l'azione congiunta di Washington, Londra e altri otto alleati, tra cui Australia, Canada e Bahrein. Una mossa strategica con lo scopo di "allentare l'escalation" e "ripristinare la pace". L'azione, ancorché ritorsiva per i continui attacchi alle navi, ha voluto essere dimostrativa e di monito ai manovratori iraniani.
IL PREZZO DEL CONFLITTO
Gli attacchi hanno lasciato dietro di loro una scia di distruzione e morte: cinque persone sono state uccise e sei ferite tra i ribelli. Ma forse, quello che colpisce di più è il numero dei raid: 73 per altrettanti obiettivi. Un numero che evoca immagini di una guerra, in medio oriente, che sembra non volere avere fine.
LE REAZIONI INTERNAZIONALI
Le voci di condanna non si sono fatte attendere. La Russia ha stigmatizzato l'operazione, bollata, come di consueto, come un ulteriore esempio della “distorsione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu e del totale disprezzo del diritto internazionale” da parte delle potenze occidentali. Ha convocato, con procedura d'urgenza per domani , il Consiglio di sicurezza. Anche la Cina ha espresso preoccupazione, invitando tutte le parti a evitare un'escalation del conflitto.
GLI EFFETTI SUL COMMERCIO MARITTIMO
Questa guerra non coinvolge solo politica e diritti umani. Il commercio internazionale è in ginocchio. Gli attacchi Huthi hanno spinto molti armatori a deviare le rotte marittime, con un conseguente aumento dei costi e dei tempi di trasporto tra Europa e Asia. Con il Mar Rosso che rappresenta l'arteria per il 12% del commercio mondiale, l'impatto economico globale potrebbe essere significativo. Intanto gli effetti cominciano a farsi sentire: la fabbrica di auto elettriche Tesla di Berlino ha fermato la produzione per mancanza di componenti. Molte industrie italiane stanno subendo rincari su semilavorati ,componenti e merci dal 20 al 30% e più a causa del rincaro dei trasporti, dovendo le navi fare il periplo dell'Africa per trasportare le merci in Europa. Senza calcolare il disastro annunciato per le difficoltà di approviggionamento delle fonti energetiche, gas e petrolio, che dal golfo persico passano dal canale di Suez. L'attività dei ribelli rischia di provocare una nuova crisi energetica in Europa con conseguente recessione. Questo è il quadro a fronte del quale Stati Uniti e Gran Bretagna, col supporto di altre nazioni europee ,compresa l'Italia, operano nel teatro dello stretto di Hormuz e del mar Rosso. Non abbiamo bisogno di un epilogo. Questa storia, purtroppo, non è ancora finita. L'Occidente non può restare a guardare. I suoi interessi e la sua civiltà vanno difesi ora ,prima che arrivi il peggio, nel mar Rosso.
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