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La difesa

Morto soffocato con mani e piedi legati: ora parla l'imam accusato di omicidio

Gli avvocati chiedono che l'uomo venga interrogato: «Ha molte cose da chiarire»

Abdelrhani Lakhrouti, 52 anni, imam di Cuorgné

Abdelrhani Lakhrouti, 52 anni, imam di Cuorgné

«Non gli ho fatto nessun esorcismo»: è netto Abdelrhani Lakhrouti, l’imam di Cuorgnè accusato dell’omicidio di suo nipote Khalid, morto soffocato e con mani e piedi legati. E vuole andare a dirlo davanti al pubblico ministero Giulia Nicodemi, cui ha chiesto di essere ascoltato per raccontare la sua verità: «Depositeremo istanza di interrogatorio per l’imam e per Sara, la moglie di Khalid - annunciano gli avvocati Alessandro Dimauro e Valeria Ceddia dopo aver incontrato i loro assistiti - Chiariranno la loro posizione su questioni importanti di questa vicenda».

L’imam e Sara Kharmiz sono stati arrestati insieme a Nourddine Lakhrouti, fratello della vittima: per tutti loro l’accusa è concorso in omicidio volontario, consumato il 10 febbraio nella casa di Salassa, in Canavese, dove viveva il 43enne morto all’ospedale di Ciriè.

Gli arresti sono scattati solo nei giorni scorsi, quando i carabinieri di Cuorgnè e la procura di Ivrea hanno chiuso il cerchio e sono arrivati alla conclusione che Khalid Lakhrouti è deceduto perché è stato soffocato con un cuscino. E non per un’overdose, come inizialmente era stato ipotizzato: d’altronde l’uomo era un soggetto noto alle forze dell’ordine per il consumo di droga e risultava dipendente dalla cocaina. Non l’unica macchia nel passato del 43enne, che avrebbe anche avuto comportamenti violenti tra le mura domestiche nei confronti di Sara. Forse è per questo che, in famiglia, si diceva che «Khalid ci ha incasinato la vita, sia da vivo che da morto». Oppure: «La morte di Khalid è stata un bene, avrebbe potuto ammazzare qualcuno o anche se stesso».

L’ipotesi è che fratello, moglie e zio siano responsabili di quella morte al termine di un rito islamico. Ipotesi che l’imam respinge nonostante i militari parlino di almeno due sedute di esorcismo, eseguite perché l’uomo era ritenuto dai suoi parenti «posseduto dai demoni».

L’esito dell’autopsia (disposta dalla procura di Ivrea ed eseguita dai medici legali Mario Apostol e Andrea Vantu) ha poi stabilito la causa del decesso dell’uomo: asfissia meccanica violenta con l’utilizzo di un mezzo soffice premuto sul viso. In sintesi, Khalid è stato soffocato. La vittima, infatti, aveva sì assunto cocaina, ma era stato legato mani e piedi e gli era stato messo sulla faccia un corpo soffice, un cuscino o, più probabilmente, un vestito visto che dall’esame autoptico è emerso che in gola Khalid aveva un bottone. A quel punto, passato più di un mese dalla tragedia, i carabinieri di Cuorgné sono entrati in azione eseguendo i tre arresti. Sara, l’ex moglie della vittima è finita ai domiciliari, mentre il fratello di Khalid e lo zio imam sono andati in carcere ad Aosta.

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