l'editoriale
Cerca
VLADIMIR LUXURIA
18 Giugno 2024 - 06:00
La sua posizione sulla presenza della bandiera della Palestina e l’assenza di quella di Israele al Pride di Torino, la chiarisce prima ancora di cominciare a marciare. «Tutti sono i benvenuti ma quella bandiera, oggi, rappresenta il governo di Nethanyau e qui non può stare». Strano sentire una delle “madrine” della libertà porre un simile veto, ma tant’è. Se dell’orgoglio omosessuale, oltre che della storia del Pride, c’è da scegliere un simbolo in Italia non può che essere lei.
Per approfondire leggi anche:
Luxuria, a trent’anni dal primo Pride cosa è cambiato?
«Niente, perché scendiamo in piazza sempre, con tutti i governi: sia quando ci promettono di andare avanti, sia quando ci minacciano di tornare indietro. Noi siamo sempre in piazza e sempre “di parte”».
Quale fu l’elemento scatenante?
«Il 1994 è stata una data storica per il primo Pride ma anche prima ci sono state manifestazioni all’aperto. Penso alla protesta a Sanremo contro il congresso di medici che considerava l’omosessualità come una malattia da curare. Ma anche a Montecaprino, quando venne ucciso un operaio gay che, tra l’altro, lavorava a Torino. Già da un po’ di anni, poi, si tenevano manifestazioni a Brighton o nelle maggiori capitali del mondo occidentale. Semplicemente, allora, ci chiedemmo perché non farlo anche noi in Italia».
E come andò?
«Inizialmente la nostra proposta non fu accolta subito da tutti, perché si temeva che non venisse bene o venisse a poca gente. Poi, invece, parteciparano 20mila persone: un numero importante che, da allora, ha continuato a crescere prima nelle grandi città, come Bologna e Milano, ma anche adesso che si chiama Onda Pride e, oggi, riguarda tantissime cittadine di provincia».
Pensa che sia sintomo di una maggiore necessità di diritti?
«No, credo sia una delle manifestazioni più partecipate, colorate e pacifiche che abbiamo in Italia. Riusciamo a mobilitare davvero tantissime persone. All’inizio, diciamo, c’era una cerchia più ristretta e limitata alla nostra comunità. Poi, man mano, si sono aggiunti i nostri amici, i nostri colleghi di lavoro, le persone che credono nella libertà e nell’uguaglianza, anche gli eterosessuali ed è per questo motivo che è diventata una manifestazione molto partecipata».
Eppure, non mancano mai le polemiche, specie sugli aspetti più “colorati” dell’evento...
«Ricordo che inizialmente, sì, c’era un fuoco di fila: eravamo criticati, osteggiati. Adesso diciamo che almeno nelle grandi città viene considerata una manifestazione civile a tutti gli effetti. Certo, c’è sempre chi cerca la polemica ma se si guarda all’estero - penso a Montreal, a Parigi o a Londra - viene considerata una manifestazione al pari dell’otto marzo o del primo maggio, cioè, una manifestazione importante. Nessuno dovrebbe pensare di osteggiarla o di ostacolarla».
C’è chi considera il Pride una “carnevalata di pessimo gusto”, pensa sia un pregiudizio o cosa? Certe forme di esibizionismo non rischiano di ottenere un effetto negativo?
«Sicuramente è una manifestazione molto colorata e ha delle caratteristiche che possono urtare le sensibilità “seriose” di chi non crede nell’uguaglianza, che usa i gay come minaccia o spauracchio per mettere paura e nascondere i veri problemi».
Ovvero?
«Pensi al tema della famiglia in Italia. Non si formano più famiglie ma, forse, perché non ci sono contratti a tempo indeterminato e non c’è sicurezza, non certo perché due gay o due lesbiche vogliono essere riconosciute come famiglie. Oppure quando si usa lo spauracchio dell’ideologia gender, come se ci fosse qualcuno che vuole convertire i ragazzi da etero in gay: questi sono argomenti ridicoli, poco seri».
Però non mi ha risposto sul “colore” del corteo...
«La nostra è orgogliosamente una manifestazione colorata, allegra, che usa la nostra creatività, quella che da sempre fa parte del nostro mondo, a partire da quello delle “drag queen”, che sono straordinarie, ma anche dall’orgoglio di esibire i nostri corpi. Questo è lo spirito del Pride. Poi, se qualcuno vuole vedere solo l’aspetto diciamo così “colorato”, ha una visione abbastanza riduttiva di questa manifestazione. Anche perché, sì, ci sono partecipanti decisamente più visibili e sono quelli sempre più fotografati, ma dietro c’è una marea di gente che, se posso, definirei più “casual”.... Poi c’è sempre qualcuno che vuole usare il termine carnevale per denigrarci ed è anche stupido perché il carnevale è una grande istituzione culturale del nostro Paese, pensi a Venezia o Viareggio dove il carnevale è un momento di liberazione da sempre».
Come considera le frasi attribuite al Papa sulla “frociaggine” nei seminari?
«Il problema dell’omosessualità nella Chiesa c’è dal monachesimo medievale: già allora i pontefici si lamentavano perché c’è sempre stata una componente di persone omosessuali che, alla fine, non riescono a essere casti, no? Ma la questione ruota attorno al principio della castità che vale per gli eterosessuali come per gli omosessuali. Il termine che ha usato Papa Francesco è veramente strano, perché generalmente gli omofobi usano il termine “frocio”, l’espressione “frociaggine” è più gergale, diciamo, colloquiale».
Dalle prime serate “drag queen” in discoteca al successo in televisione cosa è cambiato nella sua vita?
«Sono “La trans che visse due volte” parafrasando Hitchcock. Quando da giovane giravo per Foggia, la mia città, mi urlavano «Ricchione!» oggi quando torno a casa mi chiedono i “selfie”. Mi rendo conto che la popolarità aiuta tantissimo e io me la sono guadagnata, però non vorrei che passasse il messaggio per cui la popolarità venga considerata l’unica strada per essere accettati. Per questo cerco di usare la popolarità per continuare a veicolare il mio messaggio. Non mi sono mai tirata indietro e non comincerò certo oggi».
Per approfondire leggi anche:
CronacaQui.it | Direttore responsabile: Andrea Monticone
Vicedirettore: Marco Bardesono Capo servizio cronaca: Claudio Neve
Editore: Editoriale Argo s.r.l. Via Principe Tommaso 30 – 10125 Torino | C.F.08313560016 | P.IVA.08313560016. Redazione Torino: via Principe Tommaso, 30 – 10125 Torino |Tel. 011.6669, Email redazione@cronacaqui.it. Fax. 0116669232 ISSN 2611-2272 Consiglio di amministrazione: Presidente Massimo Massano | Consigliere, Direttore emerito e resp. trattamento dati e sicurezza: Beppe Fossati
Registrazione tribunale n° 1877 del 14.03.1950 Tribunale di Milano
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo..