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Il caso

«Hanno tentato di uccidermi perché volevo lasciare la mafia nigeriana»

La vittima di un'aggressione racconta la sua verità nel processo in cui è imputato un membro del cult Eyie

«Azioni da squadristi»: così la mafia nigeriana controlla il suo impero di Torino

All'inizio aveva detto di conoscere solo di sfuggita quei ragazzi, nigeriani come lui, che lo avevano quasi ucciso a bottigliate. Poi è venuto fuori che facevano tutti parte del cult Eyie, la mafia nigeriana: «Mi hanno picchiato perché volevo uscirne fuori» ha ammesso in aula la vittima, il 30enne Ehis Eihimihe, detto Biggy. Ha puntato il dito contro chi lo ha colpito il 26 giugno 2021 e il giorno dopo è ritornato a pestarlo perché aveva scoperto che "Biggy" era andato a sporgere denuncia.

Sono passati due anni esatti da quell'aggressione e, nel frattempo, sono cambiate tante cose. Prima che lasciasse effettivamente il cult, il 30enne picchiato è stato arrestato e condannato a 11 anni di carcere proprio per la sua appartenenza alla mafia nigeriana. E sono stati condannati anche due dei tre suoi aggressori.

L'unico processo ancora aperto, discusso nei giorni scorsi, è quello a carico di Emmanuel Okosun, difeso dall'avvocato Wilmer Perga e accusato di rapina, lesioni personali aggravate e tentato omicidio in concorso con gli altri due nigeriani (processati a parte): secondo l'accusa, si è presentato da Biggy in corso Giulio Cesare e gli ha ordinato di consegnargli il borsello. Quando lui gli ha detto di no, ha iniziato ha colpirlo a bottigliate in faccia. Poi, quando è caduto, lo ha ancora preso a calci e gli ha portato via tutto, tra cui due banconote da 50 euro e i documenti per il permesso di soggiorno. 

Eihimihe, la vittima assistita dall'avvocato Alberto Bosio, ha denunciato tutto ai poliziotti di Dora Vanchiglia. Gli stessi che poi sono intervenuti il giorno dopo quando gli altri tre nigeriani sono tornati ad aggredirlo. E stavolta hanno spaccato una delle bottiglie e hanno usato i cocci per provare a tagliargli la gola e per staccargli il lobo dell'orecchio sinistro: «Volevano farmela pagare perché volevo lasciare il cult e perché li ho denunciati» ha ammesso in tribunale a Torino il 30enne picchiato, affiancato in aula da un traduttore.

Il processo proseguirà l'11 settembre, quando sono previste la discussione finale e la sentenza.

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