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l'omicidio-suicidio
21 Agosto 2024 - 09:00
I carabinieri sul luogo dell'omicidio-suicidio a Rivalta Bormida, in via Oberdan
Cinque colpi. Forse addirittura sei. Li ha esplosi con la sua pistola calibro 22 Luciano Turco, 67 anni, operaio in pensione, per ammazzare la moglie Giuseppina Rocca (detta Pinuccia), 69 anni, e anche il figlio disabile, Daniel Turco, 44 anni. E dopo avere compiuto la mattanza, Luciano Turco ha rivolto l’arma verso di sé e si è tolto la vita. Una tragedia familiare avvenuta a Rivalta Bormida, un piccolo paesino in provincia di Alessandria. Sulla quale indagano i carabinieri.
La strage in casa
Non vivevano più insieme, Luciano Turco e Giuseppina Rocca. Lui era un operaio, lei è stata collaboratrice scolastica. Sposati, erano però separati da tempo e Luciano abitava a Ovada. Aveva sì una pistola calibro 22 regolarmente denunciata, ma non avrebbe potuto portarla a Rivalta Bormida in quanto non vi era residente. E invece l’ha fatto. Per uccidere. Moglie e figlio nell’alloggio al piano terreno di un vecchio condominio di quattro piani. A ritrovare i corpi è stato, ieri mattina, il fratello della donna. Ma stando alle ricostruzioni degli investigatori, e alle testimonianze dei residenti, i fatti risalirebbero a molte ore prima. Addirittura alle 17 di lunedì. A salvarsi dalla strage in famiglia è stato solo il cane chihuahua, preso in custodia dai vicini brasiliani di Giuseppina. Il movente? Spetterà ai carabinieri ricostruire il caso, coordinati dal sostituto procuratore della Repubblica di Alessandria, Gualtiero Battisti. Tuttavia, sembra proprio che tra Luciano Turco e Giuseppina Rocca ci fossero dissidi per la gestione del figlio Daniel, disabile da oltre 20 anni, da quando è rimasto vittima di un incidente con la moto. E Daniel, tra l’altro, da poco aveva iniziato un percorso di fisioterapia. Giuseppina, invece, da qualche tempo stava frequentando un altro uomo.
I vicini sotto shock
I colpi di pistola sparati da Luciano Turco non li ha uditi nessuno. O meglio, il vicinato li ha sentiti, ma non ha pensato che provenissero da un’arma da fuoco. «Credevo che ci fossero dei lavori, mai avrei pensato a questo», dice (un po’ in italiano e un po’ in portoghese) Anderson Viena, brasiliano, che abita nel palazzo. Sua moglie Valquiria ha preso in custodia il cane chihuahua, unico superstite della strage, per poi riconsegnarlo ieri ai familiari di Giuseppina. «Pinuccia, qui era conosciuta come Pinuccia», la ricorda Enrico Alberti, raggiunto mentre esce con la bici. «Non ho parole per quanto successo. Luciano? Ogni tanto lo vedevo arrivare, portava il figlio a fare un giro e dopo un’oretta tornava a casa». Daniel, come detto, aveva appena iniziato un percorso di fisioterapia. E mamma Giuseppina di questo era molto contenta.
«Giuseppina l’ho vista l’altro ieri. È uscita col figlio, ad aspettarla fuori con la macchina c’era il compagno. Non riesco ad immaginare cosa sia passato nella mente del marito, ma se devo essere sincera quell’uomo, a pelle, non mi è mai piaciuto», è il pensiero di Patrizia Fornataro. Arturo Lovesio, anche lui residente nel palazzo di via Oberdan, ha visto per l’ultima volta Giuseppina e Daniel una quindicina di giorni fa. «Era il giorno della fiera dello zucchino - racconta - ed è una festa molto sentita qui a Rivalta Bormida. C’erano sia Daniel che sua madre. Ricordo di aver offerto a Daniel una fetta di melone. La tragedia? Sembra incredibile, ma nonostante fossi a casa - afferma Lovesio - non ho sentito niente. A chiamarmi è stata mia moglie, che è in montagna, dicendomi che al paese l’avevano avvisata di quanto successo».
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