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L'ANALISI
15 Settembre 2024 - 05:50
Cambiamento climatico, malattie dell'uva e repentini stravolgimenti di stagione. Sono queste le principali cause di una crisi in corso che, nei prossimi anni, potrebbe avere ripercussioni ben peggiori. Tra il 20% e l’80% della produzione perduta solo nel Torinese, vera e propria “patria” di preziosi vitigni.
L’allarme sui campi
A lanciare l’allarme è Coldiretti per cui la vendemmia di quest’anno si prospetta particolarmente difficile per le 936 aziende vitivinicole della provincia di Torino, che coltivano 816 ettari di vigneti. Secondo le stime, appunto, il calo della produzione varia tra il 20% e l'80% a seconda delle zone e delle capacità dei produttori. Questo drastico ridimensionamento è causato principalmente dalle condizioni meteorologiche avverse che hanno caratterizzato l'annata. Le piogge incessanti tra maggio e giugno, unite a una gelata tardiva e inaspettata, hanno colpito duramente i vigneti, compromettendo le fioriture in molte aree del Torinese e del Canavese.
«Siamo in ginocchio»
«Questa annata conferma che la viticoltura torinese è drammaticamente in balìa del cambiamento climatico» spiega Bruno Mecca Cici, presidente di Coldiretti Torino. «Nel 2022 la mancanza d'acqua ha messo in crisi la crescita delle piante, portando i nostri viticoltori a chiedere un Piano invasi anche per le zone collinari. Il 2023 ha visto grandinate devastanti. Quest'anno, invece, l'umidità tropicale ha creato un microclima inadatto alla vite, e le gelate tardive, anch'esse frutto del cambiamento climatico, hanno fatto il resto. Questi fenomeni sono sintomi di un clima sempre più tropicalizzato, che richiede interventi urgenti come bacini per l'acqua, assicurazioni adeguate e sostegni alle imprese, che affrontano spese crescenti». L’alternanza di piogge e temperature superiori alle medie stagionali ha anche favorito la diffusione di malattie fungine come la Peronospora e lo Iodio. Questi funghi, da sempre nemici della vite, trovano nelle condizioni di umidità e calore un ambiente ideale per proliferare. «Bastano pochi giorni - aggiunge Mecca Cici - affinché la Peronospora diventi incontrollabile, uccidendo il grappolo, mentre lo Iodio rende difficilissima la vinificazione, spesso costringendo a distruggere l’uva».
Caos climatico
Molti viticoltori, impossibilitati a intervenire tempestivamente per trattare le malattie fungine a causa dei terreni troppo molli, hanno registrato perdite che raggiungono il 70 se non l’80%. Si sono salvati solo quei produttori che sono riusciti a passare molto tempo in vigna, sostenendo però costi di produzione altissimi. Nonostante il raccolto scarso, la qualità delle uve si preannuncia buona, con ottimi livelli di zuccheri, tannini e polifenoli, che potrebbero garantire vini di alta qualità. Tuttavia, le quantità saranno insufficienti per soddisfare la crescente domanda dei mercati, sia locali che internazionali.
Dalla media di circa 98mila quintali di uva prodotta in provincia di Torino, si potrebbe scendere a circa 60mila quintali. Con la produzione di vino che potrebbe ridursi drasticamente, passando dai consueti 63mila litri a soli 37mila litri. Un’annata che, pur consegnando ottimi vini, lascia un segno profondo su un settore già duramente colpito dalle sfide climatiche.
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