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La pilota si difende: «Ho perso aderenza, ma non sono scappata. Sono triste per i bimbi feriti»

Parla Barbara Riolfo, 47 anni, la donna alla guida della Lancia 037 che ora rischia un'indagine per lesioni

Barbara Riolfo, a sinistra. A destra, l'incidente

Barbara Riolfo, a sinistra. A destra, l'incidente

Talmente bersagliata dagli insulti (moltissimi i commenti sessisti) che ha dovuto rendere privato il suo profilo di Facebook. E’ crollato il mondo addosso a Barbara Riolfo, 47 anni. Guidava lei la Lancia protagonista dell’incidente di piazza San Carlo. «Ho sbagliato, ma non sono scappata», precisa. E aggiunge: «Un errore può succedere a tutti, non merito gli insulti ricevuti. Com’è andata realmente? Ho perso aderenza, ma non ho fatto una derapata». Riolfo rischia di essere indagata dalla Procura per le lesioni provocate agli spettatori travolti: gli inquirenti aspettano che arrivino le prime querele per aprire un fascicolo d’inchiesta.

«Non ho tutte le colpe»
Nata ad Alba, Barbara Riolfo vive a Bra. Col marito Ivano Toppino ha aperto anni fa la “Toppino restyling”, laboratorio di restauro di veicoli storici, conservativi e filologici. Tra cui anche la Lancia 037 appartenuta al pilota Attilio Bettega. Barbara l’ha comprata anni fa e l’ha messa in strada più volte alle parate. Al Salone ha guidato venerdì, sabato è toccato al marito. Domenica, giorno dell’incidente, alla guida c’era di nuovo lei, insieme alla navigatrice, che in realtà è sua figlia 23enne, grande appassionata di motori come i genitori. Poco dopo mezzogiorno, la Lancia 037 è finita contro le transenne e ha ferito gli spettatori. «Non ho derapato né sgommato - precisa la donna - e non c’è alcun segno sull’asfalto. Ho perso aderenza. E’ stato un errore e mi spiace tantissimo per gli spettatori feriti, specie i bambini». Accusata sui social, Barbara Riolfo si difende: «Mi hanno scritto “torna ai fornelli”, “vai a cucinare”. Non lo merito. Sono nel motorsport da vent’anni e so guidare un’auto».

Ironia della sorte, qualche mese fa Barbara pubblicava questo post: «Anche le donne sanno guidare. Anche le donne sanno guidare una Lancia Rally 037». Messaggio che ora le si è rivoltato contro. Ma lei non ci sta: «Se lo scriverei di nuovo? Certo che sì. Chi mi insulta non conosce la mia storia». Poi conclude: «Sono io il capro espiatorio, ma non ho tutte le colpe. Tutta quella gente, doveva per forza essere lì? Era davvero sicuro? Le colpe vanno divise».

Servono le querele
Ecco, le colpe sono tutte della pilota? Sarà la prima domanda cui dovrà rispondere la polizia locale, che sta ricostruendo nel dettaglio cosa sia successo domenica. Al momento l’indagine è come quella di un “normale” incidente stradale, che potrebbe sfociare in un’inchiesta penale. Con una “cornice” diversa da quella per la tragedia del 2017, quando ci furono due vittime e 1.500 feriti (e si è arrivati alla condanna dell’allora sindaca Chiara Appendino): stavolta l’indagine non può partire d’ufficio, visto che i feriti hanno riportato prognosi inferiori ai 20 giorni. Serviranno le loro querele per aprire un fascicolo. E a quel punto si cercherà di capire di chi siano le responsabilità: era giusto far passare delle auto da corsa in un’area pedonale? E le precauzioni prese erano sufficienti? In queste ore l’attenzione è incentrata su posizione e su caratteristiche delle transenne che separavano gli spettatori dai bolidi che sfilavano in piazza San Carlo: gli organizzatori del Salone dell’Auto (o chi li ha controllati) hanno sbagliato qualcosa nelle norme di sicurezza?

Su quanto accaduto al Salone dell'Auto commenta anche Luca Pantanella, vicepresidente nazionale di Fmpi - Federazione medie e piccole imprese: «Il Salone è un'opportunità diventata una brutta figura. Tanto investimento per tornare a fare di parlare di motori a Torino svanito per uno stupido incidente. Mi auguro che per le prossime edizioni si trovi uno spazio adeguato che preservi l'incolumità di cittadini e centro storico, e anche conducenti all'altezza per valorizzare i veicoli in mostra».

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