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LE INTERVISTE
11 Ottobre 2024 - 06:50
Da una parte El Serchia, dall'altra Ronny 1312: due rapper torinesi, entrambi finiti in carcere per spaccio. Che ora stanno cercando di rialzarsi e anche per questo hanno accettato di raccontare la loro storia e di spiegare il rapporto fra la delinquenza e la musica rap e trap, come abbiamo raccontato in queste pagine proprio ieri.
Il nome di Ali Bouchiba, in arte El Serchia, è diventato famoso il 31 marzo 2023: il 30enne torinese era stato arrestato in un’operazione antidroga e incriminato per associazione a delinquere, possesso di arma da fuoco e spaccio in corso Racconigi 25, le case popolari che El Serchia ha cantato nel brano 25R con l’amico Axell (ha l’acronimo tatuato anche sulla mano destra).
Tra i versi, frasi che rimandano a droga, polizia e carcere: “Ricorda che in cella l’infame perde il pantalone. Madama riempie il borsone, colpa di una merda che ha detto quel nome”. Seguono altri versi come “pacchetti di weed” e “cade l’impero per colpa di uno snitch”, con due parole inglesi che in gergo significano “marijuana” e “spione”. Poi “polverina magica” e “sfrutto questi soldi con lo spaccio nella trap, cresciuti da soli col rispetto e l’omertà”.
Per le sue vicenda Bouchiba ha patteggiato una condanna a 2 anni e 8 mesi, è stato in carcere e poi a domiciliari con la possibilità di uscire e rilasciare interviste, Come questa (precedente agli ultimi guai, quando è stato arrestato perché in strada fuori orario «per aiutare un’amica»). «Adesso non sbaglio più, penso a mio figlio e a tornare nel rap - assicura Bouchiba - Anche perché i miei amici sono quasi tutti in galera».
Perché c’è sempre questo abbinamento tra musica e illegalità?
«Perché rap significa “Reality of all people”, la realtà della gente. Ci sono pezzi d’amore, di chiesa e molti altri di strada: tutti noi parliamo di quello che abbiamo vissuto».
E voi avete vissuto spaccio e delinquenza?
«Fare musica è un lusso, servono dei soldi per vivere e mangiare: in quel momento non avevo alternative, anche perché erano i tempi del Covid. Se tu passo tutto il tempo in studio, tendi a fare lavoretti di microcriminalità: prendi una panetta da 300 euro, la rivendi e ne guadagni 200. Poi continui, inizi a fare sempre più soldi e ti piacciono sempre di più. E ne parli nei testi».
Diventa una sorta di autocelebrazione tra lusso, auto e vestiti?
«All’inizio ti vanti dei soldi, poi si va oltre. Io avevo la fissa dei vestiti e del gioco d’azzardo, ci andavo giù pesante con il black jack. Quello che ho fatto io non era roba da bambini, infatti è successo un manicomio e ci hanno arrestati tutti. Io e i miei amici sapevamo a cosa andavamo incontro, infatti ora stiamo pagando tutti con tanti anni di galera».
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Parte da una storia simile anche Ronald Cirloaba, 25 anni, originario della Romania ma cresciuto a Ivrea. Il suo nome d’arte è Ronny 1312, numeri che stanno per “Acab” (acronimo di “All cops are bastard”, tutti i poliziotti sono bastardi). «Con la musica sto cercando di cambiare strada e voglio mandare messaggi positivi». Ma in una delle sue ultime canzoni, “Madama”, parla del suo passato da pusher e della paura di essere arrestato.
È tutto vero?
«Sono cresciuto in un contesto difficile, solo con mia madre e alle case popolari di Ivrea. Mi sono cacciato nei guai con la droga fin da ragazzino, puntando a fare più soldi possibile. Ora mi sono già fatto carcere e domiciliari: in tutto devo scontare 3 anni e 2 mesi».
Poi è arrivata la musica.
«In tanti stanno provando a vivere quel sogno, c’è tanta concorrenza e ci vogliono soldi. Ora sto cercando di imparare un lavoro e intanto andare avanti con il rap: mi sto impegnando tanto per cambiare».
Ma nelle tue canzoni ci sono spaccio e lusso.
«Sì, perché è quello che ho sono stato in passato. Magari certi versi sono crudi ma racconto la verità che ho vissuto, cercando di mandare messaggi positivi: nel video ci sono sia le belle auto sia i problemi».
Però nome d’arte e testi sembrano andare in una direzione opposta, cioè allo scontro con la polizia.
«Sì ma, con quello che ho vissuto, ci sta che io possa avere dei risentimenti verso le forze dell’ordine. Non voglio che il mio nome diventi un’etichetta, l’ho scelto per sottolineare che non sono uno che “canta”: noi ragazzi di strada abbiamo questa educazione, sbagliamo e paghiamo ma siamo omertosi e non collaboreremo mai con le forze dell’ordine. “Madama” parla del periodo in cui aspettavo che i poliziotti venissero a prendermi per andare in carcere. Più avanti uscirà una canzone che si intitola proprio “Acab”, in cui elencherò le otto regole della strada che nessuno ti insegna e si imparano sbagliando. Ma è solo una delle tante tracce che ho pronte e pubblicherò a breve».
Uscirà anche un disco?
«L’idea è quella, più avanti, dopo aver messo fuori tre o quattro singoli. Il mio obiettivo è liberarmi da tutti i mali che mi seguono da anni, dedicarmi al 100% alla musica e sfruttare la sofferenza del passato per trasformare la passione in un lavoro».
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