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Il processo

Spaccio alle case popolari: madre e due figli in carcere, un cantante ai domiciliari

Dopo gli arresti di fine marzo, i pusher patteggiano la pena

Erano stati arrestati in nove il 31 marzo, con l’accusa di gestire lo spaccio nelle case popolari di corso Racconigi 25 a Torino. Ora restano in carcere solo in tre, cioè la madre con i suoi due figli (assistiti fra gli altri dall'avvocato Tiziana Porcu): il primogenito dovrà scontare 4 anni, la donna e l'altro ragazzo "solo" 3 anni e 10 mesi. Considerati i vertici dell’associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga, sono quelli che hanno patteggiato le pene maggiori nel processo che si è concluso ieri. E sono gli unici che rimarranno in carcere: uno degli imputati ha scelto il rito abbreviato ed è stato assolto, gli altri hanno patteggiato una pena inferiore puntando sul fatto che si trattasse di modiche quantità di sostanza. E c’è chi, come il 28enne Ali Bouchiba, ha ottenuto una pena a 2 anni e 8 mesi e la può scontare agli arresti domiciliari.

Bouchiba è El Serchia, il trapper che ha dedicato una canzone alle case popolari di corso Racconigi (il titolo é “25R”) e che nei versi citava proprio droga, polizia e carcere. Assistito dall'avvocato Stefania Giordano, il 28enne era uno degli arrestati dell’operazione Capolinea, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia e dal pubblico ministero Chiara Maina.

Secondo gli inquirenti, dentro il complesso di case popolari c’era il fortino dello spaccio di droga. Con un sistema organizzato e ruoli ben definiti fra chi comprava la materia prima, i venditori e le “sentinelle”. Ognuno aveva dei soprannomi in stile Romanzo criminale o Suburra, come Biondo, Cantante, Ciccio e Neymar. E pure strumenti efficaci per far rispettare le gerarchie e assicurarsi che i clienti pagassero: nello specifico, due pistole Beretta e un fucile Jager.

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