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il rapporto gimbe
15 Ottobre 2024 - 07:02
Più di mille pazienti per ogni pediatra: il Piemonte maglia nera delle regioni italiane
In Piemonte mancano medici e pediatri, la realizzazione delle opere sanitarie previste dal Pnrr procede ancora a rilento, più della metà delle prestazioni sanitarie viene erogato da strutture private e accedere alla sanità pubblica è talmente difficile che l’8,8% delle famiglie vi ha proprio rinunciato.
È un quadro impietoso quello della Sanità italiana che viene dipinto dalla fondazione Gimbe, che parte dai numeri nazionali per poi scendere nel dettaglio di quelli regionali. E il Piemonte, rispetto alle altre regioni italiane, in qualche settore ha tutto sommato dei numeri accettabili ma in altri va invece malissimo. In particolare, a colpire è ancora una volta il dato sulla carenza di dottori di medicina generale e, ancora di più, di pediatri di libera scelta, settore in cui siamo addirittura la regione peggiore d’Italia. Nel dettaglio, il numero medio di bambini assistiti da ciascun pediatra piemontese è di 1.108, il più alto d’Italia: sopra i mille oltre a noi ci sono solo Valle d’Aosta (1.047), Provincia Autonoma di Bolzano (1.026) e Veneto (1.011). La media nazionale è di 898 mentre, secondo quanto sottolinea la fondazione, il rapporto ottimale sarebbe addirittura di 600, quasi la metà di quanto si registra in Piemonte. «L’allarme sulla carenza di pediatri - spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe - oggi è sollevato da genitori di tutte le Regioni, da Nord a Sud. Le loro testimonianze evidenziano problemi burocratici, pediatri con un numero eccessivo di assistiti e impossibilità di iscrivere i propri figli al pediatra di famiglia, mettendo potenzialmente a rischio la salute, soprattutto dei più piccoli e dei più vulnerabili».
Non va molto meglio ai pazienti adulti. Il massimale di 1.500 pazienti assistiti viene superato dal 49% dei medici di medicina generale anche se il numero medio di assistiti si attesta a un più accettabile 1.385 (la media nazionale è 1.353). Per arrivare ad avere almeno un medico ogni 1.250 pazienti (il rapporto ottimale è un inarrivabile 1.000) servirebbero ben 296 dottori in più.
Più in generale, in Piemonte abbiamo 2,09 medici dipendenti e 5,4 infermieri dipendenti ogni mille abitanti. Un problema, quello della carenza di professionisti sanitari, tale che nei giorni scorsi si è anche accennato al possibile utilizzo di infermieri indiani o sudamericani negli ospedali piemontesi.
E, a proposito di strutture, il Gimbe fa anche il punto sulla realizzazione degli interventi previsti dal Pnrr, che prevedono la realizzazione di case della comunità (strutture in cui troveranno posto un punto di prenotazioni collegato al cup, medici di medicina generale, pediatri, servizi infermieristici e guardia medica), centrali operative territoriali (svolgono funzioni in raccordo con tutti i servizi e con il sistema di emergenza e urgenza, anche mediante strumenti informativi e di telemedicina) e ospedali di comunità (svolgono una funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero per interventi sanitari a bassa intensità clinica). Delle prime, in Piemonte ne sono state attivate 17 su 82 (il 21% contro una media italiana del 19%). Delle seconde, 27 su 43 (il 63% contro il 59% nazionale). Ma con gli ospedali di comunità siamo fermi a un desolante 0 su 27 (pari ovviamente allo 0% contro una media italiana del 13%). Attivati anche il 57% (in Italia il 52%) dei posti letto aggiuntivi di terapia sub-intensiva.
E arriviamo quindi al dato che, da solo, riassume le difficoltà della Sanità pubblica a rispondere ai bisogni dei cittadini. In Piemonte la percentuale delle famiglie che ha rinunciato alle prestazioni sanitarie nel 2023 è pari al 8,8% (media Italia 7,6%). Ancora elevato ma per fortuna in diminuzione rispetto al 2022 (9,6%). «Dati, narrative e sondaggi - riassume Nino Cartabellotta - dimostrano che oggi la vera emergenza del Paese è il Servizio Sanitario Nazionale, la cui tenuta è prossima al punto di non ritorno. I princìpi fondanti di universalismo, equità e uguaglianza sono stati traditi e si sta lentamente sgretolando il diritto costituzionale alla tutela della salute, in particolare per le fasce socio-economiche più deboli, gli anziani e i fragili e per chi vive nelle aree disagiate».
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