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la maxi-truffa
20 Ottobre 2024 - 10:50
Truffa milionaria a banche e ministero delle Finanze: a processo colletti bianchi e commercialisti che compravano lingotti
Una truffa multimilionaria ai danni delle banche e del Gestore dei servizi energetici. Il tutto attraverso una galassia di società fantasma per avere erogazioni pubbliche, prestiti dalle banche e crediti fiscali. Quattro “colletti bianchi” (commercialisti e imprenditori) sono a processo insieme ad altre 48 persone con accuse che vanno dal riciclaggio alla frode, tutti reati commessi, in ipotesi, nella cornice associativa. Per “ripulire” i proventi delle truffe, gli imputati avevano comprato centinaia di lingotti d’oro, in parte stivati in un box di corso Giulio Cesare insieme a 600mila euro in contanti. Non solo, gli accusati avrebbero aperto anche conti correnti nell’Est Europa e nei paradisi fiscali e portafogli “crypto” su cui far transitare il denaro sporco.
A capo dell’organizzazione secondo l’accusa, Elio Miegge, Luca Villata, Simone Marietta e Luca Pifferi. L’inchiesta era partita nel 2019 quando i finanzieri, a fine gennaio, avevano scoperchiato il “vaso di Pandora”. A quel punto Elio Miegge, Luca Villata, Simone Marietta e Luca Pifferi avevano cercato di fuggire in Svizzera grazie alla complicità di un faccendiere, ma erano stati fermati dai carabinieri. Tra gli imputati (52 in tutto) ci sono anche Crescenzo D’Alterio, a processo per la presunta infiltrazione della 'ndrangheta nell'impresa che gestiva il bar del Palagiustizia, e Pasquale Motta, condannato in via definitiva a sei anni di reclusione per avere riciclato il denaro della cosca Pensabene in una rsa di Favria.
L’udienza preliminare si è aperta nei giorni scorsi con le costituzioni di parte civile: hanno chiesto di partecipare al processo, in veste di danneggiati, il Gse, Unicredit, Banca Ifis, Leasys spa, Banca Progetto, Credem, Banca Sella e altri enti. Le indagini, coordinate dal pm Ruggero Crupi e affidate a carabinieri e Guardia di finanza, avevano scoperto società intestate a prestanome o a identità di fantasia che presentavano al Gse documenti da cui risultava l’esecuzione di falsi lavori di efficientamento energetico. Quindi il gestore erogava i “certificati bianchi” e le società li monetizzavano mettendoli in commercio. Gli amministratori delle ditte poi trasferivano il denaro all’estero fatturando compensi per prestazioni mai eseguite. Lo stesso metodo sarebbe stato usato per raggirare le banche: le società presentavano credenziali solide e ottenevano finanziamenti da centinaia di migliaia di euro. Poi i gestori trasferivano il bottino all’estero e ne facevano perdere le tracce.
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