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Dopo le rivelazioni dell'Espresso
18 Ottobre 2024 - 19:03
Nel complesso gioco dell’Eredità Agnelli capita anche che madre e figlio, Margherita e John Elkann, in guerra tra loro, siano soci senza praticamente saperlo (o meglio: uno di loro non lo sapeva...). E una sentenza di un tribunale del Lussemburgo certifica di questa curiosa disputa nella disputa.
Alla fine sembra questa la rivelazione più succosa dello scoop annunciato dal settimanale L'Espresso sull'Eredità Agnelli e il tesoro all'estero. "Nuova società offshore, finora sconosciute, che risultano essere collegabili a John Elkann" scrive il settimanale che fu già di proprietà del Gruppo Gedi, ossia di Elkann stesso, riguardo documenti dei Panama Papers, l'inchiesta internazionale compiuta da un pool di giornalisti a partire dalla "cassaforte" dello studio Mossack Fonseca a Panama.
Nella realtà i nomi citati - Joahnnes Matt e Christian Bolleter - di due uomini di fiducia di John Elkann compaiono già negli atti del sequestro di 74,8 milioni di euro disposto dalla Procura di Torino nei confronti di John, Lapo e Ginevra Elkann, indagati per truffa ai danni dello Stato ed evasione fiscale in merito al patrimonio ereditato dalla nonna Marella.
Tra cui i fondi custoditi da una società con sede nelle Isole Vergini Britanniche - Paese a tassazione zero -, la Fancydance Trading Inc. Rappresentante della società è lo studio Tremaco in Liechtenstein, già noto in questa vicenda, con direttore Bolleter. Mentre Matt sarebbe il fiduciario che ha "schermato" la proprietà della Fancydance. Da cui, nel 2012, tutti i capitali - secondo i Panama Papers Marella Agnelli aveva un patrimonio personale di 5,8 miliardi di euro, di cui circa 900 milioni sono stati rintracciati all'estero e 230 sarebbero quelli riconducibili alla Fancydance e passaggi successivi - passano al fondo Conegliano, da qui al Bendel Fund in Liechtenstein. "Nessuna irregolarità" e tutto assolutamente denunciato al Fisco, alla morte di Marella nel 2019, garantisce un portavoce degli Elkann.
Questa "rivelazione" potrebbe ora interessare la Procura di Torino, come nel 2016, ai tempi della prima parte delle rivelazioni dei Panama Papers, quando emersero i nomi di undici torinesi, ma non gli Agnelli-Elkann, e proprio in quell'anno l'Espresso era diventato di proprietà di Gedi. Perché anche questa società si inserisce in quel quadro di beni e fiduciarie di cui Margherita Agnelli dopo l'accordo con la madre Marella, in cui rinunciò a tutte le quote societarie ereditabili in cambio di un miliardo e 200 milioni, sostiene di essere stata all'oscuro.
Eppure proprio i Panama Papers piazzano anche a lei nei segreti esotici dei capitali offshore, con una "una piramide di almeno cinque società estere, con sedi dal Delaware alle Isole Vergini, tutte anonime". Dopo la morte del padre Gianni Agnelli - i cui beni esteri sarebbero transitati in due fondi, già noti, Providence I e Providence II -, lei avrebbe ereditato la capogruppo di queste cinque società, la Vilanda. Ma i suoi legali, in una causa in Lussemburgo contro i tre figli, avrebbero trovato una tale Buckingham Talcott Inc, messa in liquidazione e i beni trasferiti alla Exor Group, nascondendolo alla Vilanda. Ma la risposta dei giudici è che la liquidazione sarebbe avvenuta per decisione "degli azionisti di comune accordo". Ergo, tramite Vilanda, lei stessa che ignorava di essere socia del figlio?
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