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Finanza & Guai
28 Settembre 2024 - 14:10
Più finanziere che industriale: John Elkann è questo e non lo nasconde certamente. Se la produzione di auto è un problema - i conti finanziari di Stellantis però no, almeno fino a oggi -, non è così per gli investimenti di natura prettamente finanziaria. Merito della Provvidenza? In parte, pare proprio di sì. Della Provvidenza alimentata (anche) con i soldi dei nonni, ora al centro della battaglia per l'Eredità Agnelli (anche se i suoi legali, ovviamente, negano).
Provvidenza è difatti il nome dei trust localizzati a Nassau, nelle Bahamas, citati anche nel documento di sequestro di 74,8 milioni operato dalla Guardia di Finanza nei confronti degli Elkann: Providenza Settlement e Providenza II Settlement. Sono quelli che hanno sostituito, nel 2014, la società Bundeena Consulting, con sede nelle Isole Vergini Britanniche - ormai individuata sia dalle indagini in proprio della mamma Margherita Agnelli, sia dalla macchina giudiziaria -, fino ad allora motore dei movimenti finanziari del presunto tesoro offshore dell'Avvocato: circa 900 milioni di euro in un conto della Morgan Stanley intestato proprio alla Bundeena. Un tesoro che ha alimentato investimenti considerevoli, ma anche qualche flop clamoroso.
La ricostruzione l'ha operata, citando documenti ufficiali, il quotidiano economico-finanziario MilanoFinanza. Che parte da un sottofondo finanziario in Lussemburgo, gestito dalla Private Wealth Management Global a sua volta creata dalla banca d'affari svizzera Pictet, di cui Donna Marella Agnelli era "correntista". La banca, attraverso suoi fondi, risulta anche investire in Exor e Stellantis, tutte sotto il controllo di Elkann.
Ad alimentare inizialmente questo subfondo è proprio una delle due Provvidenza. Nel 2019, alla morte di Marella Agnelli, il sottofondo contava 597 milioni di euro, arrivando con le rivalutazioni date dagli investimenti a 718 milioni totali alla fine dell'anno, fruttando a John, Lapo e Ginevra Elkann - unici beneficiari del fondo - quote per 239 milioni ciascuno.
Investimenti redditizi, dunque. Che contemplano, annota MilanoFinanza, "miniere d’oro, in particolare di società canadesi o sudafricane. Poi ci sono bond bancari, anche di colossi russi del credito come Sberbank, azioni di grandi corporation americane ed europee, società quotate in vari mercati del mondo, prodotti strutturati e decine di quote in private equity e hedge funds. E, più di recente, in veicoli della stessa Exor di cui John Elkann è ceo, come il suo mega-fondo d’investimento Lingotto, basato a Londra".
Nello specifico, il 36% del fondo è investito in azioni (Metro, Deutsche Post, Henkel, Nestlé, Google, Liberty Global, Samsung, la rivale automobilistica Hyundai), il 14% in hedge funds, il 10% private equity, il restante in metalli preziosi delle società Barrick Gold, Glodcorp, Iamgold, Kinrossgold, Randgold, Harmony Gold, Acacia Mining. Nello stesso periodo ci sono investimenti in fondi venture con alla guida Noam Ohana, "oggi a capo di Exor Seed", e "da uno degli uomini di fiducia di John Elkann, il finanziere Christian Bolleter".
L'unico intoppo in una crescita costante è nel 2017, quando il Bendel Fund di Bolleter investe nella Theranos, la startup del settore biomedical di Elisabeth Holmes rivelatasi poi una clamorosa truffa finanziaria. Bendel finisce in liquidazione, mentre l'anno successivo sempre dalle Bahamas arrivano 296 milioni di euro per il sub-fondo Multiassets, che nel giro di un anno raddoppia di valore arrivando a 562 milioni di euro.
Nel 2019, alla morte di Marella, come detto senza che ve ne sia traccia nell'asse ereditario, i tre Elkann ereditano un subfondo che ha ormai un patrimonio di 718 milioni di euro - guidato dall'impennata del prezzo dell'oro -, divenuti 875 nel 2021. Nel 2022 la guerra in Ucraina fa crollare i mercati e il subfondo sposta i capitali, investendo anche nella Lingotto, come detto la holding personale di John Elkann.
Creati da Marella Caracciolo Agnelli, i due Provvidenza prendono origine da un veicolo di investimenti guidato da Sigfried Maron, storico uomo di fiducia di Gianni Agnelli, e con amministratore proprio Christian Bolleter. Circostanza che, secondo le indagini della Procura di Torino, comproverebbe - assieme ad alcune email - il fatto che fosse John Elkann l'amministratore di questi investimenti, anche con la nonna Marella ancora in vita.
E' su queste rendite, e sul capitale all'estero, che John, Lapo e Ginevra, secondo la procura, avrebbero evaso nel 2019 imposte per 30,3 milioni, mentre come imposte di successione avrebbero dovuto versare 24,6 milioni, "più un altro 4% su opere d’arte, quadri, gioielli e altri beni preziosi ottenuti in eredità stimati in oltre 170 milioni di euro". E il totale sono quei 74,8 milioni posti ora sotto sequestro.
E se dal punto di vista giudiziario può preoccupare - e con piena ragione - l'accusa di truffa ai danni dello Stato per via della residenza svizzera, ritenuta fittizia dagli investigatori, di Donna Marella, per l'evasione fiscale John Elkann potrebbe avvalersi della norma fiscale da poco entrata in vigore per un "patteggiamento" con il Fisco.
Ancora presto per capire se avverrà. Al momento il legal team degli Elkann ha diffuso una nota, in contrasto ovviamente con l'orientamento della Procura, per precisare che: "Non è mai esistito e non esiste alcun patrimonio occulto dell’eredità Agnelli; i fratelli Elkann, nominati dalla nonna eredi universali, hanno adempiuto a tutti gli oneri amministrativi e fiscali che spettano ai soggetti che ereditano da persone residenti all’estero, come indiscutibilmente era Marella Caracciolo. I gioielli di cui si parla molto a sproposito erano certamente beni di proprietà di Marella Caracciolo che ne ha disposto in vita come ha voluto".
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