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Il caso
23 Ottobre 2024 - 07:40
Lo hanno rapito e sequestrato, poi lo hanno tenuto legato per tre giorni mentre lo minacciavano di morte: «Ve lo dico, vostro figlio è nelle nostre mani» scrivevano i sequestratori ai genitori di un 23enne di origine cinese, “colpevole” di avere un debito di 60mila euro con una famiglia di suoi connazionali.
Ora, a mesi dall’incubo vissuto dal ragazzo, i presunti responsabili sono stati tutti rintracciati dalla Squadra mobile della questura, che nei giorni scorsi ha eseguito otto misure cautelari (su ordinanza del giudice Antonio Borretta): il creditore, il 22enne Jingyu Zheng, e i suoi genitori, il 50enne Zudao Zheng e la 47enne Lizhen Liao, sono finiti agli arresti domiciliari. Invece sono scattati obbligo di firma e obbligo di dimora nella provincia di residenza per Haoli Hu, 50 anni, Zhongquan Hu, 61, Shaoyang Ren, 24, Dongju Zhao, 36, e Jie Zhao, 23: per tutti gli accusati, assistiti tra gli altri dall’avvocato Guido Anetrini, i reati contestati sono sequestro di persona ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni, cui si aggiunge l’accusa di lesioni in concorso per gli ultimi tre.
I fatti risalgono allo scorso Capodanno e sono stati la reazione spropositata a una «operazione truffaldina» realizzata dalla vittima di questa vicenda, residente a Milano: il 23enne cinese, che chiameremo Giovanni, è affetto da ludopatia e negli anni ha “bruciato” circa 214mila euro in giochi e scommesse (contando solo quelli legali). Di questi, 54mila gli sono arrivati in prestito da Jingyu Zheng. Il quale si era stancato di non ricevere indietro i soldi che gli spettavano: così ha chiesto a Giovanni di presentarsi alla stazione Fermi della metropolitana.
Erano le 19.30 del 31 dicembre 2023 quando il giovane cinese è caduto nella trappola: è stato circondato e aggredito da tre persone, che lo hanno preso a calci e pugni. Poi gli hanno vuotato le tasche, gli hanno preso il cellulare e lo hanno portato in un ristorante cinese di Collegno, “Aijo By Tokio”: «Devi pagare i tuoi debiti altrimenti ti facciamo mangiare vivo dal cane» gli avrebbero detto mentre lo portavano nel deposito del locale. Qui Giovanni è stato spogliato e lasciato in mutande e calzini, al freddo. Fino a quando Lizhen Liao, la madre del suo creditore, è andata a prenderlo a schiaffi. Dopo un’ora di terrore, la banda di cinesi lo ha caricato su un’auto e lo ha portato in un alloggio di via Mazzini 37, a Barge (Cuneo).
Qui Giovanni è rimasto per tre giorni, picchiato e con le mani legate dalle fascette di plastica: i sequestratori gli hanno anche messo un asciugamano in bocca, gli hanno scattato delle foto e le hanno mandate ai suoi genitori per convincerli a pagare il debito al posto del figlio. E, per essere più convincenti, inviavano messaggi come «vostro figlio è nelle nostre mani» oppure «forse è l’ultima volta che mando un messaggio».
Alla fine nessuno ha pagato ma il 23enne è stato costretto a firmare una “dichiarazione” in cui riconosceva il debito, sottoscritta anche con un dito macchiato da un pennarello rosso. A quel punto, il 3 gennaio, è stato liberato: i suoi aguzzini lo hanno lasciato alla fermata dei pullman a Barge con in tasca solo 20 euro per tornare a Milano. Il ragazzo è andato all’ospedale Fatebenefratelli, dove gli sono state riscontrate ferite guaribili con 4 giorni di prognosi. Intanto ha denunciato cosa gli era capitato e ha permesso di dare il via alle indagini, affidate alla Squadra mobile di Torino e al sostituto procuratore Ruggero Crupi.
Gli investigatori hanno analizzato le telecamere della metro e i tabulati telefonici, hanno fotografato chi passava dal ristorante di Collegno e dalla casa di Barge, hanno rintracciato i messaggi. Compresi i post Facebook, ancora presenti in Rete, con le foto di Giovanni e le descrizioni che lo accusavano di essere un ladro e un bugiardo. Così sono risaliti ai responsabili della «trappola» a Collegno e del sequestro a Barge.
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