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Il caso

Agguato col machete a Mirafiori, chiusa l'inchiesta: 11 indagati, c'è anche il padre del Conte

Il tentato omicidio, avvenuto l'8 marzo, aveva provocato l'amputazione di una gamba della vittima

«So dov’è Oreste: ora vado e lo spacco»: un amico inguaia il Conte del machete

A sinistra, dall'alto, Rocco e Pietro Costanzia di Costigliole. A destra, il marciapiede di via Panizza dopo l'agguato a Mirafiori

Non solo Pietro e Rocco Costanzia di Costigliole, i due giovani di origine nobile accusati di aver mutilato un ragazzo a colpi di machete: ci sono altre nove persone indagate, tra cui il padre Carlo junior, nell'inchiesta che i pubblici ministeri Mario Bendoni e Davide Pretti hanno chiuso in queste ore. In totale, quindi, ci sono undici indagati per complessivi 17 capi di imputazione.

L’agguato di Mirafiori risale al 18 marzo, quando due giovani in scooter hanno aggredito il 22enne Oreste in via Panizza. Uno è sceso e lo ha colpito con un machete alla gamba sinistra, arrivando così in profondità da costringere i medici del Cto ad amputare sotto il ginocchio. Poi, nel giro di pochi giorni, la Squadra mobile ha rintracciato e arrestato i due aggressori: il conte Pietro Costanzia di Costigliole, 23 anni, e suo fratello Rocco, 22 (che si sono poi affidati agli avvocati Wilmer Perga e Giuseppe Del Sorbo).

Secondo la procura e secondo i giudici del Tribunale del riesame, che hanno analizzato la questione, il colpo con il machete avrebbe potuto uccidere Oreste. Una tesi confermata anche da una consulenza del medico legale Fabrizio Bison. Per questo i pm hanno insistito sull’accusa di tentato omicidio per entrambi i fratelli, che avrebbero colpito per vendicare le avances sessuali che la vittima aveva fatto alla fidanzata del Conte. Anche se, sullo sfondo, ci sarebbero anche questioni legate allo spaccio di droga.

Durante le indagini, però, sono emersi altri particolari sulla vicenda e sui precedenti: oltre ai due fratelli, all'aggressione avrebbero partecipato altri due amici. Uno avrebbe attirato la vittima a casa sua, consentendo ai Costanzia di Costigliole di compiere l'agguato; l'altro avrebbe fatto da "palo" a distanza. Poi una coppia di amici avrebbe aiutato Pietro nella fuga, prenotando a loro nome la camera dell'hotel Royal di corso Regina Margherita dove il 23enne è stato poi trovato insieme alla fidanzata (per loro l'accusa è favoreggiamento personale). E non sarebbero stati gli unici a provare ad aiutare l'aggressore a scappare dall'Italia.

L'inchiesta ha fatto emergere anche dei fatti precedenti, come quello commesso dal Conte qualche mese prima a Nichelino. O l'aggressione, anche con l'uso di un gas tossico, ai danni di una sua ex fidanzata spagnola (come avevamo anticipato qui). La ragazza aveva sporto querela ma poi l'aveva ritirata, riprendendo i contatti con il ragazzo. Arrivando addirittura a Torino per cercare di introdurre un cellulare in carcere, in modo che i due fratelli potessero comunicare: sarebbe intervenuto anche il padre di Pietro e Rocco, Carlo, che ora è accusato di aver falsificato un documento proprio per consentire alla ragazza di vedere i figli.

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