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Il caso

Bonus mamme, raffica di ricorsi: in palio ci sono 300 milioni per le famiglie

Una sentenza lombarda apre la strada a centinaia di donne: ecco perché

Bonus mamme, raffica di ricorsi: in palio ci sono 300 milioni per le famiglie

Illustrazione di chrupka

Solo fra gli insegnanti piemontesi ci sono già 38 ricorsi. Ma una sentenza lombarda può aprire la strada a molti altri precari in tutta Italia, lavoratori a tempo determinato che ora potrebbero chiedere di accedere al cosiddetto Bonus mamme: in ballo, secondo le stime degli avvocati, ci sarebbero circa 300 milioni di euro tra il 2024 e il 2025. E dovrebbe trovarli lo Stato, "condannato" a trovare i fondi anche per i precari rimasti esclusi dal Bonus. 

Per capire cos'è successo e cosa potrebbe succedere, bisogna fare un passo indietro e ricordare cos'è il Bonus mamme: si tratta un esonero della contribuzione previdenziale fino a 3mila euro annui che, nella legge di bilancio 2024, il Governo ha destinato alle lavoratrici madri con almeno tre figli, purché assunte con un contratto a tempo indeterminato (e copriva i periodi di paga dal 1º gennaio 2024 al 31 dicembre 2026 fino al compimento del diciottesimo anno del figlio più giovane). In via sperimentale, per quest'anno, l’esonero è stato esteso alle madri di due figli, sempre con contratto a tempo indeterminato (fino al compimento del decimo anno del figlio minore). 

Quindi le madri precarie sono state completamente escluse. Di conseguenza, è partita la battaglia legale da parte dell'Anief, acronimo di Associazione nazionale insegnanti e formatori: i suoi avvocati, Giovanni Rinaldi, Fabio Ganci, Walter Miceli e Nicola Zampieri, sostengono che questa esclusione violi la clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato (recepito dalla direttiva 99/70 del Consiglio dell’Unione Europea) e degli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Che parlano proprio del "principio di non discriminazione", che vieta di trattare i lavoratori a termine in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato comparabili.

La tesi dell'Anief ha appena avuto una prima conferma con una sentenza del tribunale di Lodi, cui si era rivolta un'insegnante precaria. Il giudice ha citato proprio il "principio di non discriminazione" e ha «accertato il diritto della ricorrente a fruire dell’esonero contributivo», condannando il Ministero resistente a riconoscerlo.

Si tratta della prima sentenza in Italia che disapplica la legge di Bilancio dello Stato nella parte in cui esclude le mamme prive di contratto a tempo indeterminato. Un risultato che rischia di trasformarsi in un costo pesante per il Governo, già ai ferri corti con i giudici per questioni di immigrazione. Ora spunta anche la questione delle mamme precarie: «Sono in arrivo tante altre sentenze, nei prossimi mesi, vista la grande platea di dipendenti in possesso di un contratto a tempo determinato e con due figli» riferisce l'avvocato Rinaldi, che insieme ai colleghi Anief ha lanciato la sfida depositando decine di ricorsi. Come detto, sono già 38 solo in Piemonte e solo fra gli insegnanti. Potenzialmente qualunque mamma precaria, con due o tre figli, potrebbe farsi avanti per richiedere i 3mila euro. E in quel caso, secondo le stime dell'Anief, lo Stato si ritroverebbe a dover stanziare circa 300 milioni.

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