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La storia
20 Luglio 2024 - 07:00
Illustrazione di AlphaStd
Solo nei primi giorni di luglio il Tar del Piemonte ha emesso venti sentenze. E tutte a favore degli insegnati precari che, come stabilito dalla Corte di giustizia europea e dal Tribunale del lavoro, hanno diritto al Bonus docenti di 500 euro l’anno. Peccato che il Ministero dell’Istruzione non abbia rispettato quanto imposto dai giudici mesi e mesi fa. Così ora deve pagare a ogni insegnante somme fino a 3mila euro (considerando gli anni arretrati) e rimborsare pure le spese legali. Circa mille euro di soldi pubblici a testa, che si sarebbero potuti evitare se i funzionari del Ministero avessero rispettato le sentenze senza l’ulteriore intervento del Tar.
È la cronaca di una incredibile vicenda all’italiana quella che emerge dalla raffica di processi e ricorsi (tutti vinti) da parte degli insegnanti precari. I quali, a differenza dei loro colleghi di ruolo, inizialmente non ricevevano la cosiddetta Carta del docente: si tratta di un Bonus di 500 euro l’anno per la formazione, quindi utilizzabile per acquistare libri e riviste, entrare in musei, teatri e cinema, iscriversi a corsi di laurea, master universitari e attività di aggiornamento.

Il Ministero aveva stabilito che solo gli insegnanti di ruolo abbiano diritto a questa “tessera” aggiuntiva. Peccato che due anni fa la Corte di giustizia europea abbia giudicato discriminatoria la mancata attribuzione del Bonus ai docenti con un contratto a tempo determinato. In altre parole, venivano penalizzati i precari assunti di anno in anno, spesso con l’estate passata da disoccupati.
Da quel momento è partita una pioggia di migliaia di ricorsi ai Tribunali del lavoro, sostenuti dalla sentenza della Corte di giustizia europea e da ottobre '23 anche dalla Corte di Cassazione: solo nel 2024, in Italia, le cause vinte sono già 3.500. A livello locale, in questi anni di battaglie, sono oltre 1.200 i ricorsi depositati fra i tribunali di Torino e Ivrea, di cui circa 650 già conclusi e vinti da maestri e professori assistiti dagli avvocati dell'associazione Anief, Giovanni Rinaldi, Nicola Zampieri, Fabio Ganci e Walter Miceli. Cui devono aggiungersi le cause proposte da tanti altri avvocati. Però solo alcuni docenti hanno ricevuto quanto previsto, visto che il Ministero non sta pagando tutti come imposto dalla Corte europea, dalla Suprema Corte italiana e dai giudici locali.
Basta leggere le ultime sentenze del Tar per capire la dimensione di un fenomeno dai contorni assurdi: il Tribunale amministrativo regionale, quello chiamato a dirimere i contenziosi con la pubblica amministrazione, è ora subissato di ricorsi di docenti che mesi fa hanno vinto i processi nei tribunali ordinari (si parla anche di un anno e mezzo di attesa). E ovviamente anche i giudici amministrativi stanno dando ragione agli insegnanti: tutte le sentenze intimano al Ministero di pagare e lo condannano a rimborsare pure le spese legali. In pratica, i docenti ricevono il dovuto ma i contribuenti ci devono aggiungere anche la parcella dell’avvocato. E solo perché non si è ottemperato a sentenze emesse oltre un anno fa: si parla di milioni di euro di spese che lo Stato potrebbe evitare. E che ora potrebbero finire nel mirino della Corte dei Conti, anche perché le cause non si fermeranno: la legge anti-infrazioni dell’anno scorso avrebbe dovuto risolvere il problema ma il Governo ha finanziato il Bonus solo per i docenti di ruolo con contratto fino al 31 agosto, “dimenticando” i precari in scadenza al 30 giugno. Che, secondo, le sentenze ne hanno diritto come tutti gli altri.

Ma c’è una beffa ulteriore in questo pasticcio burocratico all’italiana: nelle sue centinaia di sentenze, il Tar del Piemonte impone di versare il Bonus ai docenti «entro il termine di 60 giorni». Altrimenti? «Si deve nominare un Commissario ad acta» fra i funzionari del Ministero dell’Istruzione «per sostituire l’amministrazione inadempiente». In questo caso, al Commissario «spetterà il compenso forfettario da liquidare con un separato decreto, a carico del Ministero dell’Istruzione e del Merito». Tradotto: se i funzionari non pagano in tempo i docenti, uno di loro diventa Commissario, procede a fare il versamento con i fondi ministeriali e poi riceve un bonus. E probabilmente gli arriverà in busta paga ben prima rispetto agli insegnanti.
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