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L'editoriale

Un fine d’anno di autocelebrazioni, ma la realtà è ben diversa: Torino perde terreno nella qualità della vita

Incensi e proclami mentre la città si frantuma

Barboni

In centro trovano rifugio decine di mendicanti

Dopo la parata all’americana, qualche giorno prima di Natale, della giunta del comune di Torino alle OGR per autocelebrare i grandi “successi” dell’amministrazione, passati solo un paio di giorni, è arrivata la doccia fredda della classifica della qualità della vita nei comuni capoluogo. Torino, rispetto all’anno scorso, è precipitata di ventidue posizioni. È complessivamente al 58esimo posto su 107, sotto la metà della lista dove si addensano nella classifica le città meridionali. Per stilare questa classifica “Il Sole 24 Ore” prende in considerazione moltissimi dati che vengono parametrati in diverse categorie con delle sottoclassifiche tematiche come “Giustizia e Sicurezza”. Qui Torino si piazza al 101esimo posto, proprio sotto Palermo, ma sfortunatamente in compagnia di altre grandi città, e questo non ci consola. Tale posizionamento, per chi vive o visita Torino, è il meno sorprendente. Anche ad un osservatore distratto non sfugge come in città si assista a un completo lassismo. Quotidianamente circa il 20% dei passeggeri (dato GTT) in alcune linee urbane non paga il biglietto sui mezzi di trasporto pubblico.

Si permette che chi sporca lasciando immondizie per strada non venga sanzionato, che le biciclette vengano attaccate con lucchetti su ogni palina disponibile, che i barboni defechino nei giardini e per strada, che i monopattinisti scorrazzino sotto i portici e lascino i loro mezzi dove capita intralciando il passo alle carrozzine dei disabili e dei bambini, l’inquinamento, atmosferico e acustico, è spesso insostenibile. I vigili urbani sono probabilmente comandati solo a fare multe agli automobilisti perché più comodo e più rilassante; diverse mattine a settimana sono addirittura in quattro o cinque in piazza Solferino davanti al teatro Alfieri per fotografare gli automobilisti che svoltano nella piazza da via Pietro Micca infrangendo un divieto cervellotico ma molto remunerativo per le casse comunali. I palazzi sono tutti imbrattati da scritte e scarabocchi fatti con bombolette di vernice (molto ricercate le facciate appena ridipinte). Spacciatori arroganti che esercitano il loro lurido commercio alla luce del sole in molti quartieri della città, il vandalismo è diffuso e incontinente. Il sindaco dovrebbe scegliere.

Avere come modello una qualsiasi città del terzo mondo o decidersi a visitare qualche città oltre le Alpi e prenderla a modello. La scelta è cruciale per il futuro e il livello di convivenza civile nella città di Torino. Certo qualche indizio della sua scelta c’è già, la segnaletica orizzontale sulle vie e per gli attraversamenti pedonali è ormai inesistente e questo la dice lunga, insieme alle buche sui marciapiedi, sull’interesse dell’amministrazione per la sicurezza dei cittadini. La città sembra in disarmo. Gli eredi del suo vecchio padrone l’hanno abbandonata al suo destino ma l’antica deferenza alla famiglia e ai suoi mandatari, compreso il loro house organ, come per l’ormai ex Tavares, è rimasta intatta da parte deì nostri amministratori. Il sindaco dovrebbe leggersi due studiosi americani, James Q. Wilson e George L. Kelling, che nel 1982 svilupparono la teoria della “Broken Windows” (vetri rotti). Secondo questa teoria, se un ambiente urbano è lasciato in uno stato di abbandono, con piccoli atti di inciviltà come vetri rotti, graffiti o rifiuti non raccolti, questi segnali di trascuratezza possono incoraggiare comportamenti più gravi, come la criminalità. La presenza di piccole infrazioni non punite crea un clima di disordine che porta a una maggiore violenza e illegalità. È un saggio da studiare e meditare, potrebbe essere di aiuto al sindaco e ai suoi collaboratori per risolvere quelli che per qualcuno sono piccoli problemi ma che impattano soprattutto sulle categorie più deboli della popolazione.

Tra i grandi obbiettivi per il 2025 a Torino ci sono la sistemazione di piazza Baldissera con rimozione della sua mostruosa quanto ridicola rotonda e, altro pezzo forte del capitolo della tolleranza degli abusi, è la volontà di voler riconoscere al palazzo di proprietà pubblica, occupato da decenni dal cosiddetto centro sociale Askatasuna, la dignità di “bene comune”. Di fatto una specie di riconoscimento delle benemerenze (!) dell’opera del centro sociale che lo ha trasformato in un fortino ideologico, in un luogo associato a decenni di violenza politica, una roccaforte di intolleranza e covo organizzativo di spedizioni e manifestazioni che troppo spesso hanno avuto come protagonisti insulti, aggressioni e scontri con le forze dell’ordine. Il povero cittadino, ignorante e meschino spesso in difficoltà coi pagamenti delle sue bollette, si chiede chi mai ha pagato e paga i servizi di luce gas acqua e riscaldamento del palazzo askatasuna. Perché se, come probabilmente accade, fosse il solito Pantalone forse il popolino ignorante, a cui indegnamente cerchiamo di dare voce, sarebbe ben più contento di pagare se il palazzo venisse ristrutturato come albergo per i senzatetto che dormono sui cartoni anziché per i signorini che, al di là delle acrobazie retoriche, sono tanto cari all’ amministrazione comunale.

In fondo sono compagni che, solo qualche volta, sbagliano. Altro vanto programmatico, per il 2025, della giunta comunale è il completamento della pedonalizzazione di via Roma. Di per sé una buona notizia, ma i nostri amministratori vogliono metterci del loro, vogliono lasciare il segno. I nostri reggitori del comune hanno intenzione di rialzare la via al livello del marciapiede. La preoccupazione sorge non tanto e non solo perché si andrebbe a modificare il perfetto prospettico equilibrio piacentiniano di via Roma, ma sgomenta l’idea che il lastricato della via, forse considerato di impronta troppo fascista, possa essere sostituito da un ignobile selciato come quello che ha sfregiato piazza Solferino, contando sul fatto che la Soprintendenza, in passato, quasi mai ha guardato dove si mettono i piedi permettendo scempi da piazza Savoia a via Cernaia. Sempre sommessamente, il popolino che abita fuori dalla ZTL si domanda: perché l’Amministrazione non destina la somma, sicuramente ingente per il progettato rialzo di via Roma, alla manutenzione ordinaria, alla chiusura delle buche nei marciapiedi e nelle vie di tutta la città? Questa domanda qualcuno se la sarà posta dalle parti di Palazzo Civico? Torino si prepara a scrivere un nuovo, incredibile capitolo nella storia dell’incoerenza amministrativa. Gli annunci roboanti dell’amministrazione comunale, come quello del rialzo di via Roma, a volte lasciano senza parole, o meglio, ne suggeriscono troppe per descrivere operazioni che offendono il buon senso e minano la credibilità di un’ intera classe dirigente. E dire che il sindaco ha qualche buon consigliere (nel senso di consigliore) ma non lo ascolta.

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