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Il processo
17 Gennaio 2025 - 08:00
Alessandro Gariglio ha preso una pinza e ha aperto il raccordo del contatore del gas. Quindi ha chiuso ogni infisso e si è allontanato, senza voltarsi verso il palazzo dove viveva, in piazza Borgo Dora 42. Che, lo scorso 3 giugno, ha rischiato di esplodere, come emerso dalle indagini: per questo Gariglio, sarto di 57 anni con un passato negli atelier di Armani e Gucci, è finito in carcere. E nei giorni scorsi, assistito dall’avvocato Tiziana Porcu, ha patteggiato una pena a 4 anni, 5 mesi e 10 giorni di reclusione per il reato di strage. Un’accusa pesantissima ma motivata dal fatto che, secondo l’accusa, il 57enne «voleva uccidere» i suoi vicini di casa. E lo dimostrerebbe anche una frase shock, sussurrata ai poliziotti che lo hanno rintracciato. Quando gli hanno detto che avrebbe potuto fare del male a persone innocenti, Gariglio ha risposto: «Tanto tutti dobbiamo morire».
I fatti: erano le 8.30 di quel lunedì mattina quando i vicini di casa del 57enne hanno iniziato a sentire un forte odore di gas. Qualcuno si è sentito male, altri hanno chiamato subito i vigili del fuoco, che hanno riscontrato una presenza del 14% di gas metano all’interno dell’appartamento al primo piano. Per questo hanno prima fatto evacuare gli abitanti di piazza Borgo Dora 42, poi quelli dei civici 38 e 40. Colpa di quanto fatto poco prima da Gariglio, poi rintracciato a quasi 3 chilometri di distanza, in un prato a due passi dal Palazzo di Giustizia: «L’amministratore e il capo scala sono dei farabutti - aveva urlato agli agenti - Ho deciso di farmi giustizia da solo con il gas».
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