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Il caso

«Stasera la Juve perde col Napoli». E il carabiniere-tifoso picchia la moglie

Il militare è accusato di maltrattamenti: testimonianze shock in tribunale della donna e dei figli

«Stasera la Juve perde col Napoli». E il carabiniere-tifoso picchia la moglie

Ha insultato e maltrattato la moglie per più di 20 anni. Spesso usando il suo ruolo di carabiniere: «Se non fai come dico io, mando i colleghi a fare dei posti di blocco». Ma il peggio è successo quella volta in cui lei ha azzardato un pronostico sulla partita fra il Napoli e la Juventus, di cui lui è un grande tifoso: «Pensa se vincono loro...». E il militare, in tutta risposta, ha iniziato a prenderla a pugni, insultarla e spintonarla.

Sono le accuse emerse ieri mattina in un processo per maltrattamenti a carico di un carabiniere torinese alle soglie della pensione. Una storia fra le tante che, purtroppo, si sentono ogni giorno nelle aule di tribunale. Ma che stavolta fa più impressione perché coinvolge un appartenente alle forze dell’ordine e perché si parla di oltre un ventennio di soprusi.
Stando a quanto ricostruito, le violenze dell’uomo sono andate avanti al 2002 al 2024: il marito urlava insulti di ogni tipo, spaccava i mobili, impediva alla moglie di incontrare la sorella e i genitori. Poi c’erano le botte, con schiaffi al volto, spinte, calci sulle gambe e sputi in faccia. Come quella volta durante Juve-Napoli, quando la donna è finita all’ospedale Martini per i colpi ricevuti al torace e all’addome. «Mi ha preso a pugni e io mi sono rifugiata dai vicini - ha raccontato la signora, che si è costituita parte civile con l’avvocato Alessandra Lentini e ieri ha testimoniato in aula insieme ai due figli - Era il 2013, quando l’ho denunciato la prima volta ma poi ho ritirato tutto perché avevo paura che lui lo scoprisse, visto il lavoro che fa». Una ricostruzione confermata in parte anche dal figlio, che ha scelto di parlare da dietro un paravento per non incrociare lo sguardo del papà: «Loro guardavano la partita nel tinello, io e mia sorella eravamo in camera: li abbiamo sentiti urlare, poi lui ha spintonato la mamma e l’ha fatto cadere».

Riprende la signora, rispondendo alle domande del pubblico ministero Eleonora Sciorella (in sostituzione della collega titolare del fascicolo, Livia Locci): «Ho denunciato di nuovo mio marito un anno fa perché mi sono accorta che le persone non cambiano e che non era giusto quello che avevo subito per anni. Mi faceva di tutto, io qualche volta mi sono difesa con le mani e con un’asta di plastica». Tra gli episodi contestati e ripetuti da tutte le tre presunte vittime di questa storia, anche quelli relativi al cibo: «Diceva: “Quando cucini tu, è come mangiare della m...”».

Il figlio, che oggi è un uomo, ricorda fatti che risalgono a quando andava alle elementari e alle medie: «Bastava una scintilla e lui tirava fuori di tutto. A me ha insultato perché mi sono avvicinato contro il Covid, poi mi ha urlato perché non trovava un pandoro o perché non gli ho detto che avevo visto mio zio e mio cugino. E pensare che non li avevo neanche salutati per evitare problemi con papà». Stando a quanto emerge, infatti, l’uomo vietava ai familiari di vedere gli altri parenti a causa di vecchi screzi: «Minacciava di fare i posti di blocco nella via della zia e di non farci incontrare i nonni. Non solo: quando ero piccolo, mi ha detto “è meglio che vada via di casa altrimenti succede qualcosa”. Con lui vivevamo in un continuo stato di tensione e ansia: io avevo paura che potesse succede qualcosa quando io ero via».

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