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Il caso

In Piemonte quasi 4mila infortuni sul lavoro ogni mese: «Vanno trattati come la mafia»

Giorgio Airaudo, segretario della Cgil regionale, lancia l’appello dopo gli ultimi casi a Torino

In Piemonte quasi 4mila infortuni sul lavoro ogni mese: «Vanno trattati come la mafia»

Da un lato, picchi di 4mila infortuni sul lavoro in un mese in Piemonte. Dall’altro, gli addetti per controllare le imprese sono sempre meno: «Servono magistrati e investigatori dedicati, come si fa contro la mafia» lancia l’appello Giorgio Airaudo, segretario regionale della Cgil.
Le ultime due morti sul lavoro, avvenute venerdì a Torino, fanno riemergere il problema della sicurezza nelle imprese e nei cantieri. Anche perché i dati del 2024 fanno paura, con oltre 40mila denunce durante l’anno e picchi superiori a 4mila nel mese di ottobre. E un aumento rispetto al 2023, in controtendenza con il calo dei morti.

«Degli 80 ispettori assunti all’Ispettorato del lavoro e destinati al Piemonte dal Ministero, ne sono arrivati 40 e sono ancora in formazione. E i piani di prevenzione, che sono responsabilità della Regione, prevedono 222 tecnici negli Spresal. Ma, secondo i nostri calcoli, ne mancano almeno 80. E ora sono partiti i concorsi per prenderne 6. D’altronde sappiamo che i direttori sanitari preferiscono usare i fondi per altre emergenze».

Il dato, secondo quanto riferisce Airaudo, è ancora peggiore a Torino, dove gli addetti dovrebbero essere più di 50 ma sono solo 20, di cui 5 senza il “patentino” di ufficiale di polizia giudiziaria: «Quindi non possono neanche entrare nelle aziende». E il risultato è il «collasso» di visite e ispezioni, con un calo del 30% dei controlli nei cantieri nel periodo 2018-2022: «Non pensiamo che la situazione sia migliorata. Anzi, ci risulta che in molte Asl non siano neanche in grado di fare le indagini previste d’ufficio per gli infortuni sopra i 40 giorni. Altro che fare l’attività di prevenzione: ogni anno dovrebbero decidere quanti cantieri visitare ma con i subappalti a cascata anche quello diventa difficile. Con il risultato che ogni tragedia fa scattare l’indignazione e la commozione ma poi tutto si ferma lì. D’altronde come fai a essere credibile in questa lotta contro gli infortuni se non hai il personale? Senza contare che questa lotta costa tantissimo alla comunità, ma nessuno ci pensa».

Allora come si può intervenire? «La base di partenza è proprio fare i controlli: la nostra provocazione di un paio di anni fa, con 25 esposti, ha portato all’invio degli ispettori e alla scoperta di molte mancanze. Quindi, se non vai nelle aziende, non trovi il problema. Poi bisognerebbe ridurre la precarietà per ridurre il numero degli infortuni: oggi tanti lavoratori sono ricattabili perché precari, infatti molti incidenti avvengono dove ci sono meno tutele, nel subappalto d’impresa. Questo è drammatico. E pensare che a Torino avevamo una grande tradizione sulla sicurezza e la salute sul lavoro, inaugurata dal procuratore Raffaele Guariniello. Ed è proprio lui a dire che serve una procura speciale e strumenti straordinari come facciamo per la mafia. È l’unico modo, magari con tecnici che abbiano competenza specifica a livello nazionale: molti datori di lavoro violano le leggi perché si sentono impuniti. D’altronde in edilizia, calcolando numero di aziende e di tecnici, rischiano un controllo ogni 20 anni Se non riesce a far rispettare le leggi, è tutto inutile».

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