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La relazione
05 Febbraio 2025 - 15:19
Carlo Nordio non è «un passacarte della Corte penale internazionale, hanno fatto pasticci» e Matteo Piantedosi nega «alcuna pressione indebita»: ecco la "difesa" dei due ministri e del Governo sull'estradizione di Osama Njeem Almasri, il generale libico 45enne arrestato dalla Digos di Torino con l'accusa di «crimini contro l’umanità e crimini di guerra», soprattutto per le torture ai danni dei detenuti nella prigione di Mitiga, vicino Tripoli. Dove Almasri è tornato con un volo di Stato dopo essere stato liberto: per questo i ministri Nordio e Piantedosi, la premier Giorgia Meloni e il sottosegretario Alfredo Mantovano sono indagati per favoreggiamento e peculato.
«Il 18 gennaio la Corte penale internazionale emetteva un mandato di arresto internazionale nei confronti di Almasri per una serie di reati - ricostruisce il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, nella sua informativa alla Camera -. Il mandato di arresto è stato eseguito domenica 19 gennaio alle ore 9.30 e una notizia dell'arresto è stata trasmessa via email da un funzionario Interpol alle ore 12.37, sempre domenica: una comunicazione assolutamente informale, priva di dati identificativi e priva del provvedimento in oggetto e delle ragioni sottese. Non era nemmeno allegata la richiesta di estradizione».
Poi è arrivato il mandato d'arresto della Corte dell'Aja «in lingua inglese senza essere tradotto, con una serie di criticità che avrebbero reso impossibile l'immediata adesione del Ministero alla richiesta arrivata dalla Corte d'appello di Roma», ha aggiunto Nordio. «Incertezza assoluta» a cominciare «dalla data in cui sarebbero avvenuti i crimini: si dice a partire dal marzo 2015 ma nel preambolo si parlava del febbraio 2011, quando Gheddafi era ancora al potere».
A questo punto sono scattati gli applausi in Aula dai banchi della maggioranza, con Nordio che si è rivolto all'opposizione e ha replicato al deputato Angelo Bonelli: «Lei sarà smentito dalla Corte. Non avete letto le carte, non sapete di cosa state parlando». Poi il ministro se la prende con i pm: «Mi ha deluso l'atteggiamento di una certa parte della magistratura, che si è permessa di sindacare l'operato del ministero senza aver letto le carte - ha sottolineato Nordio -. Cosa che può essere perdonata ai politici ma non a chi per mestiere le carte le dovrebbe leggere. Con questa parte della magistratura, se questo è il loro modo di intervenire in modo sciatto, questo rende il dialogo molto molto molto più difficile. Se questo è un sistema per farci credere che le nostre riforme devono essere rallentate...sappiano che hanno compattato la maggioranza come mai accaduto finora: andremo avanti fino alla riforma finale».
Poi è stato il turno di Piantedosi, che ha sottolineato come Almasri «non è mai stato un interlocutore del Governo per vicende che attengono alla gestione e al contrasto del complesso fenomeno migratorio. Smentisco, nella maniera più categorica, che il Governo abbia ricevuto alcun atto o comunicazione che possa essere, anche solo lontanamente, considerato una forma di pressione indebita assimilabile a minaccia o ricatto da parte di chiunque, com'è stato adombrato in alcuni momenti del dibattito pubblico sviluppatosi in questi giorni. Al contrario, ogni decisione è stata assunta, come sempre, solo in base a valutazioni compiute su fatti e situazioni nell'esclusiva prospettiva della tutela di interessi del nostro Paese».
Il ministro dell'Interno spiega perché Almasri doveva essere espulso: «È da inquadrare, per il profilo di pericolosità che presentava il soggetto in questione, nelle esigenze di salvaguardia della sicurezza dello Stato e della tutela dell'ordine pubblico, che il Governo pone sempre al centro della sua azione». E, sulla scelta del volo di Stato, ha ribadito che le modalità di rimpatrio, in linea con quanto avvenuto in casi analoghi, è andata di pari passo con la valutazione effettuata per l'espulsione di Almasri».
Una decina gli interventi dei parlamentari previsti tra maggioranza e opposizione: da Giovanni Donzelli, il primo iscritto a parlare per FdI, a Elly Schlein (Pd) e Giuseppe Conte (M5s), fino a Maria Elena Boschi (Iv), Nicola Fratoianni (Avs) e Riccardo Magi (Più Europa). Per Noi moderati il leader Maurizio Lupi. Alla fine dell'intervento della segretaria Elly Schlein, i deputati del Partito democratico hanno esposto cartelli (entrambi con sagome di conigli) con scritto "Meloni dove sei?" e "Meloni la patriota in fuga". Durante il suo intervento Schlein aveva puntato il dito contro la premier Giorgia Meloni "presidente del coniglio". E il presidente Lorenzo Fontana ha fatto prontamente rimuovere i cartelli.
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