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Altro tonfo nei mercati asiatici: Jakarta e Singapore in forte calo, investitori preoccupati per una possibile recessione globale

Jakarta sospende le contrattazioni dopo un calo del 9% mentre Singapore registra la peggior apertura dai tempi della crisi del 2008

Tonfo nei mercati asiatici: Jakarta e Singapore in forte calo, investitori preoccupati per una possibile recessione globale

Il ritorno dalle festività si è trasformato in un risveglio traumatico per le borse del Sudest asiatico. Oggi 8 aprile, la riapertura dei mercati dopo una lunga pausa ha visto un vero e proprio scossone: Jakarta e Singapore hanno registrato crolli che riportano alla memoria le peggiori giornate della crisi finanziaria globale. A guidare il panico, ancora una volta, è l’incertezza generata dalle aggressive politiche tariffarie del presidente statunitense Donald Trump.

Secondo quanto riportato da ANSA, in Indonesia, la Borsa ha riaperto dopo la chiusura per festività iniziata il 28 marzo con una perdita del 9,19% sull’indice di riferimento Jakarta Composite, sceso a 5.912,06 punti. L’ondata di vendite ha attivato automaticamente la sospensione delle contrattazioni per circa mezz’ora, misura prevista in caso di oscillazioni estreme per tentare di contenere la volatilità e restituire lucidità agli operatori.

Il tonfo non è stato un fulmine a ciel sereno: la tensione si era accumulata nei giorni precedenti, alimentata dalle preoccupazioni su una possibile escalation delle guerre commerciali. In particolare, le nuove misure protezionistiche annunciate da Trump hanno scatenato timori diffusi sul rallentamento degli scambi internazionali, una minaccia particolarmente seria per economie emergenti e altamente interconnesse come quelle del Sudest asiatico.

A Singapore lo scenario non è stato meno inquietante. Lo Straits Times Index (STI) ha aperto con un calo intraday dell’8,5%, un dato che segna la peggior partenza dai tempi del tracollo del 24 ottobre 2008, nel pieno della crisi finanziaria globale, quando il listino perse l’8,9%. La contrazione odierna supera anche quella del 23 marzo 2020, durante la fase più acuta della pandemia di Covid-19, che aveva fatto segnare un -8,4%.

Ciò che colpisce è l’intensità della reazione in un momento in cui i fondamentali economici non segnalavano, almeno sulla carta, crisi immediate. Tuttavia, le decisioni politiche a livello internazionale, soprattutto se improvvise e dirompenti, possono scatenare effetti a catena. E le mosse dell’amministrazione Trump sembrano avere tutte le caratteristiche per agire da innesco.

Gli analisti parlano apertamente di rischio recessione globale. L’inasprimento delle politiche tariffarie, se dovesse protrarsi, potrebbe colpire duramente il commercio internazionale e minare la fiducia degli investitori, soprattutto nei mercati emergenti. L’Indonesia, maggiore economia del Sudest asiatico, si trova così sotto i riflettori insieme a Singapore, tradizionale hub finanziario regionale. Due realtà molto diverse, ma accomunate dalla vulnerabilità a scossoni esogeni.

La giornata odierna rappresenta dunque più di un semplice episodio di volatilità. È il sintomo di una tensione crescente a livello globale, un segnale d’allarme per l’intero sistema finanziario. Le borse di Jakarta e Singapore, in questo senso, fanno da termometro di un malessere più profondo, che si alimenta della percezione di instabilità e dell’assenza di una rotta chiara nella governance economica internazionale.

A questo punto, la palla passa ai governi e alle banche centrali. La sfida sarà duplice: da un lato, evitare che il contagio si estenda ad altri mercati; dall’altro, costruire un quadro di regole condivise che possa riportare ordine e prevedibilità negli scambi globali. Ma il tempo stringe, e gli investitori sembrano aver già lanciato il loro verdetto.

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