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L'incontro
17 Aprile 2025 - 07:30
Dopo settimane di voci contrastanti e continui rinvii, è ufficiale: sabato Roma ospiterà il secondo round dei colloqui tra Stati Uniti e Iran sul programma nucleare di Teheran. Un confronto ad alta tensione, che arriva a pochi giorni dal primo faccia a faccia avvenuto in Oman, e che si svolgerà in un contesto ancora più complesso. A complicare la cornice, la contemporanea visita del vicepresidente americano JD Vance nella capitale italiana, presenza che non ha entusiasmato la delegazione iraniana.
A sedere al tavolo sarà il rappresentante speciale USA Steve Witkoff, fresco di incontri con Emmanuel Macron a Parigi. Con lui, il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi — oggi in transito a Mosca per una serie di consultazioni chiave — e il collega omanita Badr Albusaidi, figura centrale nella mediazione e possibile padrone di casa presso l’ambasciata dell’Oman a Roma. A margine, previsto anche un incontro bilaterale tra il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, Witkoff e Albusaidi.
Ma non è solo la diplomazia ad agitarsi. Sullo sfondo dei negoziati aleggia lo spettro della bomba nucleare, con l’allarme lanciato dal direttore generale dell’Agenzia internazionale per l'energia atomica, Rafael Grossi. Atterrato ieri in Iran con una delegazione tecnica, Grossi ha dichiarato in un’intervista a Le Monde che Teheran "non è lontana" dal possedere l’arma atomica. «È come un puzzle — ha detto —. Hanno i pezzi e potrebbero, un giorno, rimetterli insieme. La strada è ancora lunga, ma non possiamo ignorare la realtà: sono vicini».
E non basta, avverte Grossi, che Teheran continui a ripetere di non voler costruire armi nucleari: «Dobbiamo essere in grado di verificarlo». Il diplomatico argentino incontrerà a breve sia il ministro Araghchi sia il capo dell’Organizzazione iraniana dell’energia atomica, Mohammad Eslami.
Le premesse, però, non sembrano promettenti. Il presidente iraniano Masoud Pezeshkian ha dichiarato che «l’accordo sarà accolto con favore, se ci sarà», ma la linea rossa di Teheran è chiara: “L’arricchimento dell’uranio non è negoziabile”, ha scandito Araghchi. Una posizione che cozza frontalmente con quella americana. Su X, Witkoff è stato netto: «L’Iran deve abbandonare anche l’arricchimento».
Nel mezzo, la diplomazia russa, che prova a tenere i fili: «Faremo il possibile per contribuire a una soluzione pacifica», fa sapere il Cremlino. Ma se i colloqui dovessero arenarsi, il peggiore degli scenari potrebbe materializzarsi. Le voci che circolano tra le diplomazie internazionali sono sempre più insistenti: Donald Trump e Benjamin Netanyahu avrebbero già pronta l’opzione militare per colpire Teheran.
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