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Terrorismo
18 Aprile 2025 - 08:35
Un’ondata coordinata di attacchi contro carceri, istituti penitenziari e dipendenti dell’amministrazione ha colpito la Francia tra lunedì e mercoledì, mobilitando la procura nazionale antiterrorismo, che ha aperto un’indagine e mantiene aperta ogni pista investigativa. Il ministro dell’Interno Bruno Retailleau ha indicato come una delle ipotesi più probabili il coinvolgimento di gruppi di narcotrafficanti, in risposta a nuove misure del governo che renderebbero più severo il regime carcerario per chi è condannato per traffico di droga.
Gli attacchi si sono susseguiti per tre giorni in diverse zone della Francia, con modalità diverse. A Agen, nel sud del Paese, sono state incendiate sette auto nei pressi della Scuola nazionale di amministrazione penitenziaria. A Tolone, nel sud-est, 15 colpi di arma da fuoco sono stati sparati contro l’ingresso del carcere. A Tarascona, vicino a Marsiglia, sono andate in fiamme le auto di alcuni membri del personale penitenziario. A Villenoy, nella regione parigina, una molotov è stata lanciata nell’atrio del palazzo in cui abita un dipendente del carcere di Meaux-Chauconin.
In diversi luoghi colpiti è apparsa la scritta DDPF, acronimo di Droits des prisonniers français (Diritti dei carcerati francesi), collegata a un gruppo nato su Telegram proprio la notte in cui sono iniziati gli attacchi. Nella chat, gli inquirenti hanno rinvenuto messaggi di accusa contro il sistema carcerario francese e il ministro della Giustizia Gérald Darmanin. In uno di questi si legge: «Non siamo terroristi, siamo qui per difendere i diritti umani dei detenuti».
Tuttavia, ci sono dubbi sull’autenticità del gruppo e sulla coerenza del messaggio: in alcuni casi, infatti, la sigla DDPF è stata scritta in modo errato, facendo pensare che non tutti gli autori degli attacchi fossero effettivamente legati al presunto movimento. Mercoledì, nel dipartimento dell’Essonne, è stato fermato un detenuto in libertà condizionale che faceva parte del gruppo Telegram.
Secondo Retailleau, la pista più solida al momento porta a gruppi legati al narcotraffico, che potrebbero aver orchestrato gli attacchi per intimidire il governo e fermare l’approvazione di nuove misure restrittive per i detenuti condannati per reati legati alle droghe. Tra queste ci sarebbe la creazione di carceri di massima sicurezza, con controlli rafforzati e limitazioni alle visite e alla comunicazione con l’esterno.
In risposta agli attacchi, il governo ha attivato misure straordinarie di sicurezza: più pattugliamenti attorno alle carceri, perquisizioni a tappeto nelle celle e nuove regole per la sicurezza del personale, a cui è stato chiesto di non condividere sui social dettagli sui propri spostamenti o orari di lavoro.
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