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L'INTERVISTA
25 Aprile 2025 - 09:15
Sostiene che Papa Francesco ha avuto «un freno» all’interno del Vaticano. Don Luigi Ciotti si riferisce al progetto di una commissione antimafia della Santa Sede, un team di esperti per valutare se i mafiosi potessero essere scomunicati. Progetto arenato, anche contro la volontà di Francesco. Nelle parole del fondatore del Gruppo Abele c’è la tristezza per l’amico pontefice, ma anche per una Chiesa che poteva tornare più vicina agli umili.
Don Ciotti, cosa ha rappresentato Papa Francesco?
«Una Chiesa calata nel presente e lo sguardo rivolto al futuro. Capace di sporcarsi le mani coi problemi della povera gente, ma anche di rinnovare le proprie strutture interne per stare al passo con un mondo in trasformazione. Lui è stato un interprete rigoroso del Vangelo, a partire dalle sue scelte di vita personali sempre nel senso della sobrietà assoluta. E poi nell’interpretare la Chiesa come una casa dalle porte aperte, dove i cristiani ma non solo possono sentirsi Fratelli Tutti, e i più poveri, fragili, emarginati meritano un occhio di riguardo.
C'è un aneddoto o un ricordo che porta nel cuore?
«Ricordo la prima volta che lo incontrai, quando gli portai in dono un pacco di caffè da una piccola torrefazione di miei amici. E lui scrisse di suo pugno un biglietto ai proprietari per ringraziarli. Quanta umiltà e sincerità di cuore! E poi uno degli ultimi incontri: avevo accompagnato in Vaticano un gruppo di donne e bambini in fuga dalle famiglie mafiose di origine. Anche in quel caso fu commovente vedere quanto riusciva a sintonizzarsi sugli stati d’animo di quelle persone, sulle loro paure e speranze, per farle sentire accolte».
Qual è l'eredità che lascia Bergoglio, sia nei fedeli che nella Chiesa?
«L’ambizione di un ritorno alla lettera del Vangelo, alla sua essenza. Che è poi l’amore incondizionato di Dio verso tutte le sue creature. Papa Francesco ha dimostrato che la Chiesa per essere credibile deve misurarsi con le fatiche delle persone, andando anche oltre certe rigidità dottrinali che l’hanno fatta percepire ad alcuni come un’istituzione chiusa e distaccata. La sua eredità è un’eredità di amore, di ascolto, d comprensione, di condivisione delle sofferenze e anche delle gioie del suo popolo»
Cosa ci si può aspettare da questo Conclave?
«Io spero una scelta in continuità col magistero di Francesco. Che poi vorrebbe dire una scelta fedele alla Parola di Dio, da lui rimessa con forza al centro. Spero che chiunque venga designato per succedergli abbia il coraggio di continuare sulla strada del rinnovamento delle strutture, e del dialogo con le diverse sensibilità, fuori e dentro la Chiesa stessa»
Antonella Rea
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