Una
truffa che ha fruttato oltre
100 mila euro, tutta incentrata su buoni fruttiferi postali falsificati e rimborsi illeciti, è al centro di un’indagine che ha coinvolto un
dipendente delle Poste e altre quattro persone. Le accuse sono
gravi e spaziano dalla truffa aggravata all’abuso di relazioni di servizio, passando per l’indebita percezione di rimborsi postali e l’uso di documenti falsi.
Il processo contro i cinque accusati prenderà il via a luglio 2025 presso il Tribunale di Ivrea, con una nuova udienza predibattimentale. Le indagini sono partite nel 2020 grazie alla denuncia di un correntista e alla determinazione della pm Valentina Bossi della Procura di Ivrea. Le indagini hanno rivelato una rete di operazioni sospette legate alla falsificazione dei buoni fruttiferi postali, in particolare quando la direttrice dell’ufficio postale era in ferie, momento in cui il dipendente accusato, Z. M., 47 anni e residente a Ciriè, avrebbe agito con complici non ancora identificati.
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Il modus operandi: come funzionava la truffa
Il meccanismo della truffa era complesso e ben studiato: i buoni fruttiferi postali venivano alterati e intestati con la clausola CPFR (Con Pari Facoltà di Rimborso), una modalità che permette a una sola persona di riscuotere il rimborso. I buoni venivano poi riscossi con modalità sospette, indirizzando gli incassi su carte e libretti riconducibili ad altre persone coinvolte nella truffa. Tra i beneficiari dei rimborsi fraudolenti, c’è I.G., 52 anni di San Maurizio Canavese, che avrebbe effettuato numerosi prelievi da conti falsificati, portando il valore complessivo delle truffe a oltre 70 mila euro, con circa 15 buoni fruttiferi alterati.
Al centro dell’inchiesta ci sono anche altre figure chiave. F.G., 45 anni, di Montanaro, è accusato di aver ricevuto assegni già parzialmente compilati dal dipendente delle Poste e di averli incassati in modo fraudolento. Tra questi, spicca un assegno da circa 10 mila euro che sarebbe stato poi smistato a D.J., 33 anni, residente a Torino, coinvolto in altre operazioni illecite a partire dall’agosto 2020. Anche A.M., 43 anni, residente a Napoli, figura tra gli accusati: avrebbe ricevuto un rimborso fraudolento per un valore di circa 10 mila euro, accreditato su un conto intestato a lei presso l’ufficio postale di Napoli 12.
L’inchiesta ha ricostruito un sistema collaudato di falsificazione e rimborsi fraudolenti che ha sottratto oltre 100.000 euro a Poste Italiane e ai correntisti truffati. I buoni fruttiferi venivano alterati in ogni dettaglio, dalla firma al colore della carta, e accompagnati da fotocopie di documenti d’identità falsificati. L’entità della truffa è stata resa ancora più grave dalla lunga durata dell’operazione, che ha coinvolto numerose transazioni e ha interessato diverse persone ignare delle operazioni.
Il processo continuerà a luglio, e l’obiettivo della Procura di Ivrea è chiarire se si sia trattato di una rete organizzata o di abusi isolati. Ciò che è certo è che la truffa ha coinvolto numerosi soggetti e ha colpito sia l’istituto bancario che i correntisti, causando danni economici ingenti.
Resta da vedere come il tribunale affronterà il caso, ma per ora il dipendente delle Poste e gli altri coinvolti devono affrontare accuse molto serie che potrebbero portare a pene severe, vista la gravità del reato e l’ammontare delle somme sottratte.