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Ambiente
08 Maggio 2025 - 16:55
Secondo una recente analisi pubblicata da Greenpeace East Asia, il processo produttivo dei chip dedicati all’intelligenza artificiale ha registrato un’impennata vertiginosa nel suo impatto ambientale. Tra il 2023 e il 2024, il consumo globale di energia elettrica per la realizzazione di questi semiconduttori è cresciuto del 351%, mentre le emissioni di gas serra sono aumentate del 357%.
Il dossier rappresenta la prima indagine approfondita che quantifica le emissioni generate da questa filiera industriale. L’area dell’Asia orientale, dove si concentra la maggior parte della produzione di chip, affronta una pressione crescente sulle sue infrastrutture energetiche. In particolare, Corea del Sud, Giappone e Taiwan soddisfano gran parte della loro domanda elettrica – rispettivamente il 58,5%, il 68,6% e l’83,1% – con fonti fossili.
Le previsioni per il futuro sono ancora più preoccupanti: entro il 2030, la richiesta di energia elettrica per supportare lo sviluppo di questi componenti potrebbe aumentare fino a 170 volte rispetto al 2023, superando l’intero consumo nazionale di un paese come l’Irlanda.
Katrin Wu, a capo del progetto “Supply Chain” per Greenpeace East Asia, lancia un monito alle grandi aziende del settore: “Giganti come Nvidia e AMD, pur beneficiando economicamente del boom dell’intelligenza artificiale, stanno ignorando l’impatto climatico delle loro catene produttive. Stanno perfino incentivando nuovi impianti basati su fonti fossili, specialmente a Taiwan e in Corea del Sud, quando sarebbe invece necessario puntare con decisione sulle energie rinnovabili.”
L’organizzazione ambientalista chiede che, entro il 2030, tutta la filiera produttiva di questi colossi tecnologici venga alimentata esclusivamente da fonti sostenibili.
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