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Istruzione
14 Maggio 2025 - 18:05
Nell’ambito della scuola primaria, le nuove Indicazioni nazionali emanate dal Ministero dell’Istruzione e del Merito pongono l’accento sull’importanza della scrittura, considerata una competenza da sviluppare fin dai primi anni, con particolare attenzione alla calligrafia e all’apprendimento del corsivo. Questa enfasi, però, ha sollevato forti perplessità tra i membri dell’Associazione Italiana Dislessia (AID), che hanno subito intravisto il rischio di una deriva escludente, soprattutto nei confronti degli alunni con difficoltà grafo-motorie o diagnosi di disgrafia.
Le preoccupazioni sono aumentate leggendo i “Risultati attesi” nelle pagine del documento ministeriale, dove si dichiara che gli studenti dovranno dimostrare di saper applicare il ductus del corsivo e sviluppare uno stile di scrittura leggibile e personale. Un obiettivo che, secondo AID, rischia di tradursi in una pressione indebita sui bambini con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), imponendo standard poco compatibili con le loro reali capacità. «Dovranno forse ottenere una certificazione per essere esonerati dal corsivo?», si domandano all’interno dell’associazione. E ancora: che tipo di esperienza scolastica vivranno questi bambini, costretti a confrontarsi con richieste che per loro possono diventare fonte di frustrazione e disagio?
Dario Ianes, docente esperto in pedagogia dell’inclusione e cofondatore del Centro Studi Erickson, non nasconde la sua contrarietà: «Scrivere a mano è certamente utile, ma pretendere il corsivo per tutti è una visione nostalgica e anacronistica che rischia di riportare indietro la scuola». Ianes ha curato un instant-book che raccoglie i contributi di numerosi esperti sul tema, dal titolo provocatorio Credere, obbedire, insegnare, chiaro riferimento a una scuola rigida e autoritaria che molti speravano fosse superata.
Durante un webinar promosso da AID per discutere le ricadute delle nuove indicazioni, Ianes ha evidenziato le possibili conseguenze psicologiche di queste scelte didattiche, in particolare per il 6% di studenti con DSA presenti nella scuola italiana. Lucia Iacopini, pedagogista e membro del direttivo AID, ha precisato: «Non siamo contrari al corsivo in sé, ma temiamo che le nuove linee guida vengano interpretate in modo rigido dagli insegnanti. Cosa succederà se i temi scritti verranno prima digitati e poi riscritti a mano in corsivo?». Per uno studente con disgrafia, osserva Iacopini, scrivere in corsivo non è un esercizio distensivo, bensì un ostacolo che può sottrarre risorse mentali al contenuto stesso del testo.
Anche Luciana Ventriglia, formatrice AID e specialista in pedagogia clinica, sottolinea il rischio che i bambini finiscano per concentrarsi più sulla forma grafica che sul pensiero: «La scrittura dovrebbe servire a esprimere emozioni e idee, non a dimostrare di saper tracciare perfettamente le lettere». Secondo lei, un’imposizione del genere può confondere e demotivare gli alunni, offuscando il senso autentico dell’apprendere.
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