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L'approvazione

Cittadinanza per discendenza: il Parlamento vara il limite alle due generazioni

La Camera ha dato il si definitivo con 137 voti favorevoli, 83 contrari e due astenuti, ecco tutti i dettagli

Cittadinanza per discendenza: il Parlamento vara il limite alle due generazioni

Con 137 voti favorevoli, 83 contrari e due astenuti, la Camera ha approvato in via definitiva il nuovo decreto legge sulla cittadinanza. Cambiano le regole per gli oriundi italiani: il passaggio automatico della cittadinanza ai discendenti degli emigrati si ferma ora alla seconda generazione. Un provvedimento voluto fortemente dal ministro Antonio Tajani e che segna una svolta storica nella legislazione sulla cittadinanza per discendenza.

Il testo, già licenziato dal Senato senza modifiche, introduce criteri più rigidi e ridefinisce le condizioni per ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana, sollevando forti critiche da parte delle opposizioni. Anche all’interno della maggioranza non sono mancati malumori, con la Lega che in Senato aveva mostrato titubanze.

La modifica più significativa riguarda il principio dello ius sanguinis: da oggi, si è cittadini italiani per nascita solo se si ha almeno un genitore o un nonno nato in Italia. La cittadinanza automatica si ferma quindi alla seconda generazione, con un’eccezione per i minori: un correttivo approvato in Senato consente l’estensione alla terza generazione, ma solo se la richiesta viene presentata entro un anno dalla nascita o, per i minorenni già nati, entro il 31 maggio 2026.

In altre parole, i nuovi nati all’estero da cittadini italiani conservano la possibilità di ottenere la cittadinanza, purché i genitori presentino tempestivamente la domanda. Tuttavia, resta un limite: questi minori, pur acquisendo la cittadinanza, non potranno a loro volta trasmetterla automaticamente ai propri figli, salvo il possesso dei nuovi requisiti previsti. Un altro punto controverso è l’obbligo che l’ascendente italiano abbia o abbia avuto esclusivamente la cittadinanza italiana.

Il decreto introduce anche un elemento di retroattività: chi è nato all’estero prima dell’entrata in vigore della legge, e non possiede esclusivamente la cittadinanza italiana o non risponde ai nuovi criteri, sarà considerato non averla mai acquisita. Restano salve, però, le domande già inoltrate (per via consolare, comunale o giudiziale) e corredate di documentazione entro il 27 marzo 2025: per queste, continua a valere la normativa precedente.

Per gli oriundi italiani (discendenti senza limiti generazionali), il testo prevede ora una corsia preferenziale per il rientro in patria: l’articolo 1bis autorizza il rilascio di permessi di soggiorno per lavoro subordinato, anche oltre i limiti del decreto Flussi. Dopo due anni di residenza, sarà possibile ottenere la cittadinanza italiana, a patto che si provenga da Paesi storicamente interessati dall’emigrazione italiana, come stabilito da un decreto del ministero degli Esteri.

Infine, l’articolo 1ter riapre, dopo anni, la possibilità di riacquistare la cittadinanza italiana per coloro che l’hanno perduta a seguito della naturalizzazione in altri Paesi. La domanda potrà essere presentata tra il 1° luglio 2025 e il 31 dicembre 2027, con un contributo di 250 euro.

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