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IL FATTO

Ricerca a rischio ad Harvard: l’allarme del bioinformatico italiano Michele Berselli

Dopo lo stop ai visti annunciato da Trump, in bilico centinaia di ricercatori internazionali

Ricerca a rischio ad Harvard: l’allarme del bioinformatico italiano Michele Berselli

La situazione è critica”. Così Michele Berselli, bioinformatico modenese di 36 anni, descrive il clima che si respira ad Harvard dopo l’annuncio dell’amministrazione Trump sul blocco dei visti per ricercatori stranieri. Da sei anni nel prestigioso ateneo statunitense, Berselli lavora in uno dei centri di ricerca d’eccellenza finanziati dai National Institutes of Health (NIH), ma ora anche la sua attività rischia il collasso.

“Per fortuna la mia posizione non è a rischio immediato, ho un visto H-1B da ricercatore strutturato – racconta all’ANSA – ma molti colleghi internazionali qui ad Harvard hanno un visto J-1 da Exchange Visitor, lo stesso che avevo anch’io all’inizio. E sembra che anche questi visti verranno bloccati. Solo nel mio laboratorio una dozzina di persone rischia di dover andare via: è la metà della forza lavoro. E in altri centri potrebbe andare peggio”. Il laboratorio di Berselli, cuore del centro dati di un consorzio NIH dedicato al sequenziamento genetico, ha già subito le conseguenze dei tagli federali: “Noi sviluppiamo software, algoritmi e infrastrutture per processare enormi volumi di dati provenienti da altri centri. Ma da quando Trump ha bloccato i fondi ad Harvard, i finanziamenti si sono interrotti. L’università sta provando a tamponare, ma non potrà farlo per molto. Se il nostro laboratorio si fermasse, si fermerebbe l’intero consorzio”.

Mentre l’anno accademico volge al termine e molti studenti hanno già lasciato il campus, i laboratori si preparano a riunioni straordinarie per valutare le ricadute operative delle nuove direttive. “Oggi ci saranno i primi lab meeting per capire cosa potrà accadere”, spiega Berselli. Ma il senso di incertezza è diffuso: “Nessuno sa più cosa aspettarsi, ogni giorno c’è una novità”. Il ricercatore modenese, che ha presentato domanda per la Green Card, non esclude nemmeno un ritorno in Italia. “Mi piacerebbe, ma mancano le forme contrattuali per garantire stabilità a profili tecnici come il mio. Conosco molti italiani pronti a rientrare anche con stipendi più bassi, ma ci vorrebbe un segnale chiaro dal Governo”.

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