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Dazi USA contro l’Unione Europea

Possibili effetti economici e reali dimensioni del disavanzo commerciale

Dazi USA contro l’Unione Europea

Trump introduce dazi doganali

Donald Trump ha annunciato l’intenzione di introdurre, a partire dal 1° giugno, dazi doganali del 50% su tutti i beni importati dall’Unione Europea. L’iniziativa si inserisce in un contesto di relazioni commerciali tese tra Washington e Bruxelles e viene giustificata dall’ex presidente con il presunto squilibrio commerciale tra i due blocchi, che Trump quantifica in 250 miliardi di dollari annui a sfavore degli Stati Uniti. Tuttavia, i dati ufficiali restituiscono un quadro più articolato.

Nel 2023, secondo i dati del U.S. Census Bureau, le esportazioni americane di beni verso l’UE sono state pari a circa 344 miliardi di dollari, mentre le importazioni hanno raggiunto i 502 miliardi. Il disavanzo per gli Stati Uniti si attesta quindi intorno ai 158 miliardi di dollari per le sole merci, una cifra significativa ma inferiore a quella dichiarata da Trump. Se si considerano anche i servizi, il bilancio complessivo tra Stati Uniti e Unione Europea risulta più equilibrato: gli scambi complessivi (beni e servizi) hanno toccato quota 795 miliardi di dollari in entrata e 743 miliardi in uscita, per uno scarto netto di circa 52 miliardi.

Un dazio del 50% aumenterebbe sensibilmente il prezzo di tutti i beni europei in vendita sul mercato statunitense. Ad esempio, una bottiglia di champagne da 100 dollari salirebbe a 150 dollari dopo l’applicazione della tariffa. Questo incremento verrebbe verosimilmente trasferito al consumatore finale americano, con un impatto diretto sui prezzi al dettaglio.

L’esperienza dei dazi imposti durante la precedente presidenza Trump contro la Cina fornisce un precedente utile: secondo il National Bureau of Economic Research, circa il 95% del costo delle tariffe è stato assorbito dai consumatori e dalle imprese statunitensi, mentre i produttori cinesi hanno ridotto solo marginalmente i prezzi.

L’imposizione di dazi generalizzati colpirebbe in modo particolare i settori dove l’UE è fortemente presente sul mercato USA, tra cui alimentare e bevande, automotive, cosmetici, moda e macchinari industriali. Per le imprese europee potrebbe risultare necessario rinegoziare i contratti di fornitura, assorbire parte dei costi o rivedere le strategie di esportazione. Per le aziende americane che importano materie prime o prodotti finiti dall’Europa, l’aumento dei costi potrebbe riflettersi su margini più bassi e prezzi più elevati per i consumatori.

Nel suo intervento su Truth Social, Trump ha criticato l’Unione Europea per quella che definisce una “struttura commerciale ostile agli Stati Uniti”, citando barriere non tariffarie, IVA, sanzioni contro aziende americane e presunti squilibri nei regimi regolatori. Ha inoltre dichiarato di non avere intenzione di negoziare un accordo con Bruxelles.

Le dichiarazioni indicano un’impostazione protezionistica coerente con la linea seguita durante la sua precedente amministrazione. Tuttavia, una guerra commerciale su larga scala con l’Unione Europea potrebbe avere effetti negativi anche sull’economia americana, oltre a compromettere i rapporti politici ed economici transatlantici in ambiti cruciali come la sicurezza energetica, la cooperazione tecnologica e la stabilità delle catene globali del valore.

L’imposizione di dazi del 50% su tutte le merci europee comporterebbe conseguenze rilevanti in termini di aumento dei prezzi per i consumatori statunitensi, tensioni nei mercati internazionali e potenziali ritorsioni commerciali da parte dell’UE. I dati attuali indicano uno squilibrio commerciale, ma in misura inferiore rispetto a quanto sostenuto da Trump, e più contenuto se si considerano anche i servizi. Le prospettive per una mediazione restano incerte, con il rischio di un ulteriore deterioramento delle relazioni economiche tra i due blocchi.

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