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Turismo
28 Maggio 2025 - 13:55
Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio ha accolto il ricorso presentato da un’associazione di operatori alberghieri, annullando così una circolare del Ministero dell’Interno che proibiva il check-in a distanza nelle strutture ricettive. Questa direttiva, entrata in vigore a dicembre 2024, rendeva di fatto inefficaci le cosiddette key box, piccole cassette con combinazione in cui i turisti possono ritirare le chiavi degli appartamenti senza l’incontro diretto con i proprietari.
Le key box vengono comunemente fissate su muri o cancelli esterni delle abitazioni destinate agli affitti turistici e si sono diffuse soprattutto nelle zone più frequentate delle città. Il loro utilizzo è spesso indicato come uno dei segnali del problema del sovraffollamento turistico, fenomeno che contribuisce a far salire i prezzi degli immobili, rendendoli meno accessibili per chi vive stabilmente in quelle aree.
L’identificazione degli ospiti da remoto può essere effettuata in diversi modi: dall’invio di documenti d’identità tramite email o messaggi, all’impiego di software specifici capaci di verificare l’autenticità e la corrispondenza dei documenti presentati. Sebbene questa procedura non sia esclusivamente legata all’uso delle key box, nella maggior parte dei casi sono associate: soprattutto negli affitti di breve durata, dopo la verifica digitale, l’ospite si reca all’appartamento, ritira la chiave dalla cassetta e accede autonomamente. Diverse associazioni di categoria, come l’Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi (AIGAB), sostengono l’identificazione a distanza ma si oppongono all’uso delle key box.
La circolare ministeriale, firmata nel novembre 2024, aveva giustificato il divieto con ragioni di sicurezza, soprattutto in vista di eventi rilevanti come il Giubileo, sottolineando che le modalità di identificazione da remoto non rispettavano pienamente i requisiti di legge, in particolare perché rendevano difficile verificare con certezza chi effettivamente entrava nell’alloggio.
Tuttavia, secondo il TAR del Lazio, non esistono prove sufficienti che l’identificazione in presenza sia superiore a quella digitale. Inoltre, imporre l’obbligo di un incontro diretto con l’ospite rappresenta un onere eccessivo e ingiustificato per i locatori. Il Ministero dell’Interno potrà comunque presentare ricorso contro questa sentenza al Consiglio di Stato, organo di secondo grado della giustizia amministrativa.
Va precisato che alcuni comuni hanno adottato norme proprie che vietano le key box indipendentemente dalla decisione del TAR. Per esempio, Firenze ha introdotto dal febbraio scorso un divieto esplicito di installare queste cassette su suolo pubblico.
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