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Allevamento
03 Giugno 2025 - 16:20
L’influenza aviaria continua a colpire duramente allevamenti di pollame in tutto il mondo, dagli Stati Uniti all’Europa, ma in Italia la situazione – sebbene seria – è stata tenuta sotto controllo. A pagare il prezzo più alto è stato il comparto delle uova, con oltre 4 milioni di galline ovaiole abbattute su circa 40 milioni totali. Un colpo durissimo che, secondo gli esperti, richiederà almeno due anni per un pieno recupero.
Nonostante ciò, rispetto al picco dell’inverno 2021-2022 – quando si registravano anche dieci focolai al giorno – il sistema di sorveglianza e contenimento ha funzionato. Da ottobre 2024, sono stati segnalati 151 focolai, ma soltanto una cinquantina in allevamenti delle aree più a rischio, principalmente nella pianura tra Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, le regioni con la maggiore produzione avicola.
Un ruolo chiave è svolto dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), che coordina le operazioni di sorveglianza attiva e passiva. Si monitorano gli uccelli selvatici – vivi e morti – per individuare eventuali focolai. “Utilizziamo trappole per catturare anatre, cigni e oche”, spiega Calogero Terregino, direttore del centro di referenza nazionale per l’influenza aviaria. “Facciamo tamponi su faringe, piumaggio e cloaca e poi li liberiamo”.
Uno dei nuovi protagonisti di questo sistema è l’ibis sacro, una specie aliena invasiva sempre più diffusa in Italia, capace di trasmettere il virus e creare problemi ecologici e aeroportuali. “Quest’anno abbiamo trovato il virus HPAI in due ibis sacri morti: era lo stesso ceppo rilevato negli allevamenti”.
Anche gli allevatori sono parte attiva del monitoraggio: basta un leggero aumento della mortalità in un capannone per far scattare l’allerta. Se il virus viene confermato, l’intero allevamento viene isolato e abbattuto. Gli uccelli vengono uccisi tramite gas, e le carcasse incenerite. Viene anche istituita una zona di sorveglianza di 10 km, con blocco degli spostamenti e monitoraggio straordinario. I vaccini contro l’aviaria esistono, ma non sono usati in Italia, principalmente per motivi economici e tecnici. L’unico paese europeo che ha sperimentato una campagna vaccinale è stata la Francia, che dopo un’ondata da 1.700 focolai ha deciso di vaccinare le anatre da foie gras, investendo 100 milioni di euro. Un’eccezione, almeno per ora.
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