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Il caso
11 Giugno 2025 - 10:25
Una ciocca di capelli attribuita a Carlo Acutis, il beato quindicenne morto nel 2006 e venerato come il “patrono del web”, è finita al centro di un’inchiesta condotta dalla Procura di Perugia. L’accusa è pesante: ricettazione. Al centro delle indagini, un uomo residente in Emilia-Romagna, sospettato di aver messo in vendita online quella che sarebbe dovuta essere una reliquia sacra. Prezzo richiesto? Oltre 2.000 euro.
L’allarme è scattato lo scorso marzo, quando il vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, monsignor Domenico Sorrentino, ha sporto denuncia dopo aver scoperto l’annuncio su una piattaforma digitale. “Una grave offesa al sentimento religioso”, ha dichiarato, chiedendo l’immediata rimozione dei contenuti e il sequestro degli eventuali oggetti.
L’indagine, affidata al sostituto procuratore Gennaro Iannarone, si muove su due fronti: identificare l’autore dell’annuncio e verificare l’autenticità della presunta reliquia. La tracciabilità digitale ha portato a una perquisizione domiciliare nell’abitazione dell’indagato, dove però non sono stati trovati oggetti riconducibili ad Acutis. Sequestrati invece dispositivi elettronici, ora sotto analisi.
Il caso è reso ancora più controverso dall’esito dell’asta online: 17 offerte e un’aggiudicazione finale a 2.110 euro, cifra che fa riflettere sull’interesse – e sul potenziale lucro – legato alla figura del giovane beato. Al momento, non risultano denunce per furto della reliquia, ma se dovesse emergere l’autenticità del reperto, l’accusa di ricettazione potrebbe aggravarsi.
Sul piano canonico, il commercio di reliquie è vietato dal Codice di Diritto Canonico (can. 1190), ma in Italia non è perseguibile penalmente salvo che emerga un reato connesso, come la truffa o l’appropriazione indebita.
L’episodio ha generato sdegno tra i fedeli e nella comunità ecclesiale, anche perché la canonizzazione ufficiale di Carlo Acutis era attesa per il 27 aprile, ma è stata rinviata a causa della morte di Papa Francesco. Il giovane, diventato simbolo della fede digitale, continua a ispirare milioni di coetanei in tutto il mondo: la notizia di una possibile compravendita dei suoi resti ha toccato nel profondo la sensibilità collettiva.
Nel frattempo, la Procura di Perugia continua a monitorare il web, dove episodi simili – spesso oscurati in fretta – non sono affatto rari. L’indagato, al momento, è l’unico iscritto nel registro, ma le indagini restano aperte, tra le ombre di una vicenda che mette insieme fede, truffa e mercato nero.
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