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Clima e agricoltura, il conto del futuro

La Terra si difende, ma l’agricoltura crolla: metà dei raccolti a rischio

Nonostante l’aumento della riflettività del suolo riduca il riscaldamento globale del 60%, la crisi climatica minaccia il 50% dei terreni coltivabili. L’allarme dell’UCI: serve un piano nazionale di adattamento agricolo.

La Terra si difende, ma l’agricoltura crolla: metà dei raccolti a rischio

Negli ultimi vent’anni, il nostro pianeta ha mostrato una sorprendente capacità di adattamento, aumentando del 2,2% la propria albedo – ovvero la riflettività del suolo privo di neve. Questo incremento ha permesso alla Terra di riflettere una quantità maggiore di radiazione solare nello spazio, contribuendo a neutralizzare fino al 60% del riscaldamento globale provocato dalle emissioni antropiche.

Eppure, questo meccanismo naturale di autodifesa non basta. A lanciare un preoccupato avvertimento è Mario Serpillo, presidente dell’Unione Coltivatori Italiani: “Rischiamo di perdere metà delle superfici agricole attualmente destinate a colture fondamentali come grano, legumi e caffè, a causa della nostra incapacità di proteggere l’ambiente”.

Il monito si basa su due ricerche internazionali che mettono in correlazione la risposta del pianeta ai cambiamenti climatici e le conseguenze dirette sul sistema agricolo globale. Una di queste, pubblicata su Nature e frutto della collaborazione tra l’Università Normale di Pechino e l’Università di Firenze, ha esaminato due decenni di osservazioni satellitari (dal 2001 al 2020). I risultati dimostrano che l’aumento dell’albedo ha interessato soprattutto le zone tropicali e temperate, dove la copertura vegetale è rimasta intatta.

“La tutela del paesaggio e la salvaguardia dei suoli – sottolinea Serpillo – non sono solo pratiche virtuose, ma strumenti essenziali per contrastare la crisi climatica”.

A rafforzare l’allarme ci sono anche i nuovi dati della Fao, che ha recentemente aggiornato la piattaforma geospaziale ABC-Map. Secondo le simulazioni condotte su uno scenario di forti emissioni, entro la fine del secolo fino al 50% dei terreni coltivabili oggi considerati adatti alla coltivazione di grano, fagioli, manioca, piantaggine e caffè potrebbe non essere più produttivo.

“Non possiamo più permetterci tentennamenti – conclude Serpillo –. Servono strategie agricole orientate al futuro, sostenute dalla scienza e da strumenti avanzati di analisi territoriale. È tempo di varare un vero Piano nazionale per l’adattamento dell’agricoltura al cambiamento climatico”.

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