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GBU-57, la bomba anti-bunker statunitense al centro delle strategie contro il nucleare iraniano

Programma arricchimento Teheran: protetto da montagne e cemento. Solo gli Stati Uniti possiedono l’arma per colpire in profondità

GBU-57, la bomba anti-bunker statunitense al centro delle strategie contro il nucleare iraniano

Bomba “Massive Ordnance Penetrator”

Nel contesto delle tensioni tra Israele e Iran, la possibilità di colpire i siti nucleari sotterranei della Repubblica islamica riporta l’attenzione sulla GBU-57, una delle più potenti bombe convenzionali esistenti. Nota come “Massive Ordnance Penetrator” (MOP), questa bomba guidata è stata progettata appositamente per penetrare profonde fortificazioni sotterranee, come quelle che ospitano le centrifughe per l’arricchimento dell’uranio nei siti iraniani di Natanz e Fordow.

La GBU-57 pesa circa 14 tonnellate ed è in grado di penetrare fino a 60 metri di roccia o cemento armato prima dell'esplosione. Per il suo impiego è necessario un bombardiere B-2 Spirit, velivolo stealth in dotazione esclusiva all’aeronautica statunitense. Gli Stati Uniti ne possiedono 19 esemplari, considerati risorse strategiche e già da tempo operativi nella base di Diego Garcia, nell’Oceano Indiano, da dove sono in grado di coprire ogni obiettivo in Medio Oriente.

Uno degli obiettivi più sensibili è l’impianto di Fordow, situato a circa 200 km da Teheran e a 30 km da Qom. Si tratta di un sito sotterraneo costruito sotto centinaia di metri di roccia, rivelato nel 2009 dopo che i servizi di intelligence occidentali ne avevano già documentato l’esistenza. Fordow è ritenuto centrale per il programma iraniano di arricchimento, monitorato dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), che tuttavia ha riconosciuto nel suo ultimo rapporto di maggio 2025 di non poter verificare in modo completo l’entità del materiale arricchito stoccato o prodotto in siti non dichiarati.

Secondo l’AIEA, l’Iran dispone attualmente di oltre 400 kg di uranio arricchito al 60%, livello già superiore a quanto necessario per fini civili. Qualora venisse ulteriormente arricchito fino al 90% (grado militare), questa quantità potrebbe teoricamente bastare per produrre fino a nove ordigni nucleari. Le immagini satellitari post-attacco su Fordow non mostrano danni evidenti alle strutture di superficie, confermando che le infrastrutture sensibili si trovano in profondità non raggiungibili dalle bombe in dotazione a Israele.

Israele ha espresso la volontà di neutralizzare le capacità nucleari iraniane, ma non dispone di armamenti in grado di colpire a simili profondità. Secondo l’analista Peter Wildeford, “gli Stati Uniti possiedono la capacità tecnica per colpire Fordow, ma non la volontà politica, mentre Israele ha la volontà, ma non la capacità”. L’uso della GBU-57 richiederebbe una decisione strategica da parte di Washington, che finora ha evitato di fornire a Israele tale capacità direttamente.

L’invio dei B-2 a Diego Garcia nello scorso marzo – contemporaneo ai raid USA contro postazioni Houthi in Yemen – è stato interpretato come un segnale all’Iran. Un mese dopo, il segretario alla Difesa statunitense Pete Hegseth ha pubblicamente fatto riferimento alla capacità di questi aerei di colpire ogni obiettivo in Medio Oriente, auspicando una soluzione negoziata del dossier nucleare.

La disponibilità della GBU-57 resta dunque un elemento centrale nella strategia di deterrenza degli Stati Uniti nei confronti dell’Iran. Mentre Israele prosegue i raid su obiettivi convenzionali, il programma nucleare di Teheran rimane protetto da strutture sotterranee che richiederebbero un coinvolgimento diretto di Washington per essere neutralizzate. L’efficacia della diplomazia e delle pressioni internazionali sarà determinante nel definire le prossime mosse, in un contesto in cui gli strumenti militari più avanzati restano per ora confinati a un ruolo dissuasivo.

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