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gli studi ed il lavoro

Le università formano studenti che nei mondo lavorativo di oggi, non servono: ecco quando l'istruzione non basta più

Laurearsi non è più sinonimo di lavoro stabile e ben retribuito. Tra automazione, mercati globali e aspettative disilluse, i giovani si trovano a fare i conti con un ascensore sociale ormai fermo

Le università formano studenti che nei mondo lavorativo di oggi, non servono: ecco quando l'istruzione non basta più

Negli ultimi anni, un numero crescente di giovani ha fatto una scoperta amara: la laurea non garantisce più un futuro lavorativo stabile, ben pagato e soddisfacente. Non si è trattato di un crollo improvviso, ma di un progressivo logoramento del meccanismo che, per decenni, ha sostenuto l’idea dell’istruzione come chiave per la mobilità sociale.

Il valore del titolo accademico si è affievolito non solo per la qualità a volte discutibile della formazione o per la distrazione causata dagli smartphone, ma soprattutto perché è cambiata la struttura stessa del lavoro. Oggi non basta più essere istruiti: servono adattabilità, competenze digitali e capacità di resistere a crisi ricorrenti e concorrenza globale. L’università, però, fatica ad aggiornarsi e a offrire una preparazione davvero utile nel nuovo contesto.

Come ha sottolineato The Economist, negli Stati Uniti il tasso di disoccupazione tra i laureati è ormai più alto della media nazionale. Tendenze simili si osservano in altri paesi sviluppati, come Canada e Giappone. Persino nelle élite universitarie si nota il cambiamento: nel 2024 solo l’80% dei laureati MBA di Stanford ha trovato lavoro entro tre mesi, rispetto al 91% del 2021. Allo stesso tempo, il vantaggio salariale dei laureati rispetto ai diplomati si sta riducendo sensibilmente.

Una delle cause principali è l’avanzamento tecnologico. Competenze una volta considerate “accademiche” possono oggi essere apprese in autonomia o sostituite da strumenti digitali. L’intelligenza artificiale ha accelerato il fenomeno della sostituibilità: saper programmare, analizzare dati o utilizzare software non richiede più necessariamente una laurea. In settori come la finanza e l’informatica, molte posizioni junior vengono automatizzate, riducendo la domanda per neolaureati.

Anche i processi di selezione stanno cambiando. I classici graduate programs lasciano spazio a tirocini non retribuiti o contratti temporanei, spesso privi di prospettive. Secondo l’OCSE, oltre il 40% dei giovani laureati in Europa impiega più di un anno a trovare un impiego coerente con il proprio percorso. E spesso si tratta di lavori sottopagati e non qualificati: laureati in economia impiegati nella vendita al dettaglio, ingegneri nel customer service, giuristi nella logistica.

A peggiorare la situazione c'è il paradosso istituzionale: mentre aumentano i segnali di crisi, molti governi continuano a promuovere l’università come via maestra per l’occupazione. In paesi come Italia, Francia e Spagna – dove la disoccupazione giovanile è ancora a doppia cifra – le università producono migliaia di laureati in settori per cui non esiste una reale domanda.

Questo disallineamento tra aspettative e realtà alimenta frustrazione: da un lato i giovani si sentono traditi da un sistema che non li ripaga, dall’altro il mercato li percepisce come sovraqualificati ma inadatti. È la cosiddetta overproduction of elites, un eccesso di capitale umano che, se non trova sbocchi, può diventare instabile e fonte di tensioni sociali.

Il futuro dei laureati non è scritto, ma è sempre più incerto. Negli Stati Uniti, le iscrizioni universitarie sono in calo. In Europa, dove l’istruzione è più accessibile e il mercato del lavoro più regolato, la laurea conserva ancora un certo valore – ma non ovunque. Nel 2023, solo Germania, Paesi Bassi, Malta e Svezia hanno registrato tassi di occupazione superiori all’83,5% tra i neolaureati.

Il mondo del lavoro sta cambiando più rapidamente delle istituzioni che dovrebbero preparare ad affrontarlo. E finché non si troverà un nuovo equilibrio tra formazione e realtà, la laurea rischia di restare una promessa non mantenuta.


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