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MEDIO ORIENTE
19 Giugno 2025 - 08:25
Il confronto esploso venerdì scorso fra Israele e Repubblica Islamica dell'Iran è entrato nel suo sesto giorno senza mostrare segni concreti di de‑escalation. Mentre le forze armate di entrambe le parti continuano a colpirsi, Mosca e le capitali europee tentano di frenare la spirale bellica.
Mercoledì il presidente statunitense Donald Trump ha definito «possibile» il crollo del regime di Teheran, annunciando di aver recapitato alla leadership iraniana «l’ultimatum definitivo». Il capo della Casa Bianca ha chiarito di puntare a una «vittoria totale» piuttosto che a un semplice cessate il fuoco e, secondo fonti di intelligence citate da ABC News, valuta seriamente un attacco al sito nucleare di Fordow. Trump sostiene che l’Iran abbia manifestato interesse a riaprire i negoziati, spingendosi fino a proporre una visita a Washington, invito che la missione iraniana all’ONU ha però smentito.
In un discorso diffuso in video, la Guida suprema Ali Khamenei ha avvertito che qualsiasi intervento militare statunitense provocherebbe «danni irreparabili». Il ministro degli Esteri Abbas Araghchi, pur attaccando duramente Israele, ha lasciato uno spiraglio al dialogo, ricordando che «la diplomazia resta possibile».
L’esercito israeliano riferisce di aver colpito nelle ultime 24 ore circa 60 obiettivi, fra cui impianti per la produzione di centrifughe e missili anticarro nell’area di Teheran. Secondo un alto ufficiale citato dalla CNN, dall’inizio delle ostilità l’Iran avrebbe lanciato 400 missili balistici e 1 000 droni contro lo Stato ebraico; la contraerea israeliana conferma un’intensità di fuoco ridotta rispetto ai primi giorni, ma ancora significativa. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha accertato che due centri di ricerca iraniani — il TESA Karaj e il Tehran Research Center — sono stati danneggiati.
Il segretario alla Difesa Pete Hegseth ha dichiarato che le forze americane sono pronte «a ogni scenario». La portaerei USS Ford è in rotta verso il Mediterraneo orientale e oltre 30 aerocisterne sono state dispiegate in Medio Oriente. Il Congresso sarà informato in seduta segreta all’inizio della prossima settimana.
Fonti diplomatiche indicano che i ministri degli Esteri di Germania, Francia e Regno Unito incontreranno Araghchi a Ginevra venerdì per discutere del programma nucleare iraniano. La Russia ha proposto un proprio piano di tregua, mentre Londra avrebbe chiesto al governo di prepararsi a un possibile intervento statunitense. Anche l’ONU monitora la situazione: il direttore dell’AIEA Rafael Grossi ha avvertito di non poter più verificare l’ubicazione dell’uranio altamente arricchito iraniano.
Mercoledì sera la televisione di Stato iraniana è stata brevemente oscurata da un attacco hacker che invitava la popolazione alla protesta. Poco dopo, reparti dei Guardiani della Rivoluzione hanno preso il controllo del complesso radiotelevisivo. Le autorità denunciano inoltre un tentativo di sabotaggio del settore bancario e assalti armati contro edifici della polizia a Teheran.
Con i canali diplomatici ancora aperti ma le operazioni militari in corso, la crisi resta in bilico fra escalation e cessate il fuoco. Le prossime ore saranno decisive: un eventuale coinvolgimento diretto degli Stati Uniti potrebbe rimodellare radicalmente l’equilibrio regionale, mentre un accordo negoziato richiederebbe concessioni difficili da entrambe le parti. Per ora, l’unica certezza è il proseguire degli scambi di fuoco e il timore di un conflitto più ampio.
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