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IL CASO

Finanziamenti al cinema o giardinetto elettorale? Il caso del credito d'imposta da 800mila euro

Sovvenzioni cinematografiche in Italia: tra sostegno culturale e discrezionalità politica rischio di abusi ed errori

Finanziamenti al cinema o giardinetto elettorale? Il caso del credito d'imposta da 800mila euro
Che cosa vuoi? Che ti finanzio un film? Tieni, scrivimi la storia qui, su questa bustina di Minerva…se è una buona occasione, l'idea è buona, sta giusta giusta anche scritta qui sopra”

Questo dialogo, più o meno, mi è stato raccontato da uno dei registi più bravi che hanno fatto la storia del cinema, con alcuni capolavori indiscussi. L'aveva anche ambientato…Roma, anni '60.

Facevano “la posta” innanzi ai ristoranti dove sapevano che andavano a mangiare i produttori più famosi (Ponti, De Laurentis, Cristaldi…).

Era l'occasione “buona” per tentare di intercettarli e sottoporgli l'idea del film che speravano di girare.

Avvilente? Sminuente delle professionalità? Una sorta di questua? Sia come sia, si può affermare che quello sia stato un decennio d'oro per il cinema italiano, no? Bene, è di ieri lo “scoop” del finanziamento (anche bene sotto forma di credito d'imposta) che il presunto “assassino di Villa Pamphili” ha ottenuto dall'apposito ufficio del Ministero dei Beni Culturali per un film che non è mai stato girato. Diconsi ottocentomila e passa euro.

Uno strumento “Pensato” come misura di sostegno alla promozione della Cultura, diventato nel corso degli anni, sistema per foraggiare diverse cordate, con esiti come in questo caso, improbabili. Saranno, se lo riterranno opportuno, i giudici a far luce sulla vicenda.

Qualche riflessione però è inevitabile. La prima, come conciliano la richiesta di prebende con il rischio di una riesumazione del famoso Minculpop? Nel caso degli appostamenti al ristorante, una “normale” transazione di mercato. Mi piace, ti finanzio, non mi convince, no. Punto. Riprova sarai più fortunato. Nel caso del “credito d'imposta”, lo Stato (chi, a turno, è chiamato ad incarnarlo) conserva la stessa capacità discrezionale, anzi, ma amministra soldi della collettività. Dovrebbe sussistere un principio di congruità, dovrebbe. Purtroppo, proprio la venatura politica, leggi l'orientamento di chi ha in mano i cordoni della borsa, accresce il potere discrezionale e decide a chi, come e con quanto finanziare un film.

Ci siamo? Ora la domanda sorge spontanea…questa istituzione che cosi spensieratamente elargisce prebende (voglio sperare almeno dopo aver letto un soggetto) è la stessa che ti salta alla giugulare se, metti caso, salti una cartella esattoriale perché momentaneamente incapiente? Perché se la risposta è si, allora abbiamo un problema (un altro…).

Della facilità con la quale, come al solito, uno strumento nato per dare un sostegno alla creatività, si è trasformato presto in “giardinetto elettorale” con soldi sparati a pioggia per film che hanno staccato, talvolta, una manciata di biglietti al botteghino. Al contrario, e basta stuzzicare Google per rendersene edotti, vi sono società attribuibili “ai soliti noti”(si, quelli che poi ergono a vittime non appena si accenna ad una robusta revisione del meccanismo) che hanno presentato bilanci invidiabili, anno dopo anno.

Ma perché non si vendono più le bustine di minerva?

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