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25 Giugno 2025 - 17:00
Poetry Camera è un dispositivo che sembra uscito da un romanzo di fantascienza gentile e invece è realtà. La fotocamera non stampa una foto e dalla fessura della camera esce un foglietto di carta, piccolo come uno scontrino, con sonetti o haiku. Esattamente come le fotocamere analogiche, dopo aver schiacciato il tasto il prodotto segue a uscire.
Dimenticate la classica fotografia del volto, del paesaggio e pensate a una poesia ispirata a ciò che la lente vede. Ma che fine fa l'immagine inquadrata? Non ne resta nulla, se non i versi generati dall’AI Claude, un modello linguistico sviluppato da Anthropic.
Il progetto vuole unire il fascino delle vecchie Polaroid al potenziale delle intelligenze artificiali. La macchina è analogica nell’aspetto e nel funzionamento, ma il suo cuore è digitale. Poetry Camera vuol immortalare un’impressione, catturare l’anima della scena. Un piccolo atto creativo che restituisce un’istantanea emotiva e narrativa.
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La poesia è generata in tempo reale in base all’immagine inquadrata, che però non viene mai memorizzata. L'idea è di rendere l'esperienza magica, intima, mettendo da parte la volontà di "venire bene". Le immagini non vengono archiviate, né utilizzate per addestrare l’AI, garantendo privacy totale.
Attualmente la macchina supporta tutte le lingue che utilizzano l’alfabeto latino, ma il team sta lavorando per estendere il servizio anche ad altre lingue come arabo, giapponese e cinese.
Al momento comunque si tratta di un prototipo in tiratura limitata, costruito da un piccolo collettivo creativo di New York autofinanziato.
Ma quando a scrivere è l’intelligenza artificiale, è ancora poesia, possiamo considerarla arte, o è solo algoritmo?
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