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Salute
25 Giugno 2025 - 17:15
Foto di repertorio
Ogni anno in Italia oltre 300 persone muoiono per annegamento, con una media di 330 decessi. Un dato allarmante che colpisce tutte le età ma che assume contorni drammatici tra i minori: il 12% delle vittime ha meno di 18 anni. A renderlo noto è l’Istituto Superiore di Sanità attraverso il secondo rapporto dell’Osservatorio per la prevenzione degli incidenti in acque di balneazione.
A peggiorare il quadro è la diffusione delle piscine domestiche, dove avvengono oltre la metà dei decessi infantili. I più colpiti sono i bambini sotto i 12 anni, spesso privi di competenze natatorie e lasciati incustoditi per pochi istanti. La dinamica è quasi sempre la stessa: una breve distrazione, una caduta in acqua e l’impossibilità di intervenire in tempo. “Un bambino può scomparire sott’acqua in 20 secondi”, avverte Fulvio Ferrara, curatore del rapporto.
Preoccupano anche le false credenze che compromettono la sorveglianza. Quasi la metà dei genitori ritiene, erroneamente, che il bambino in difficoltà emetterebbe grida. Il 56% affida la responsabilità al bagnino, mentre un genitore su tre lascia il figlio incustodito anche per oltre due minuti. A favorire le distrazioni contribuiscono l’uso dello smartphone, conversazioni con altri adulti o la gestione simultanea di più figli.
Per prevenire l’annegamento, gli esperti raccomandano di frequentare solo acque sorvegliate, evitare zone pericolose, rispettare la segnaletica e attenersi alle indicazioni dei bagnini. La vigilanza dei genitori deve essere continua, anche in presenza di personale qualificato. Fondamentale è insegnare a nuotare fin dalla prima infanzia e promuovere una corretta educazione al rischio. Da evitare anche tuffi in acque sconosciute, l’ingresso dopo pasti abbondanti e l’esposizione prolungata al sole. Con l’arrivo dell’estate, l’allerta si alza.
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